Il governo israeliano ha deciso che Ronen Bar non può più dirigere lo Shin Bet. Netanyahu ha giustificato la decisione per non aver saputo prevedere l'attacco di Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre 2023.

La realtà, però, è ben diversa.

Lo Shin Bet, innanzitutto, denuncia la volontà di Netanyahu di non volere un accordo con Hamas, accusandolo di aver sempre sabotato i negoziati, impedendo così il rilascio dei prigionieri israeliani a Gaza e avendo in tal modo la giustificazione per continuare il genocidio dei palestinesi... obiettivo primario degli altri due delinquenti per continuare a sostenere il governo: Smotrich e Ben Gvir.

Oltre a questa motivazione, se ne aggiungono altre due.

Una riguarda il "Qatargate" - indagine complessa, estesa e molto delicata sul coinvolgimento del Qatar nel cuore del processo decisionale israeliano, l'ufficio del Primo Ministro - che per Ronen Bar era quasi un dovere morale portare a termine. L'altra riguarda l'inchiesta pubblica sul 7 ottobre, che Netanyahu non vuole che prenda il via.

La decisione di liberarsi di Ronen Bar, considerando anche le rivelazioni dello Shin Bet, ha avuto come risultato quello di inasprire ancor di più la protesta di buona parte degli israeliani contro l'attuale governo che, per giustificarsi, ha iniziato a far circolare la falsa notizia che lo Shin Bet pur essendo a conoscenza dei piani di Hamas e della data dell'invasione, non sarebbe intervenuto! In realtà, un'accusa simile sarebbe più logico associarla a Netanyahu che avrebbe così avuto, in base al suo metro, la giustificazione per sterminare i palestinesi a Gaza, a Gerusalemme est e in Cisgiordania... come sta facendo. 

Bar, da parte sua, ha dichiarato che la riunione del gabinetto è stata convocata in contraddizione con le leggi israeliane e contro la posizione del procuratore generale.

"La mia decisione di non partecipare alla riunione del governo deriva esclusivamente dalla mia comprensione che questa è una discussione che non è conforme alle disposizioni di legge e alle norme relative alla cessazione del mandato di qualsiasi dipendente, per non parlare di uno che ricopre una posizione di alto livello, e in particolare della posizione di capo dello Shin Bet", ha spiegato. "Una risposta sostanziale a tali affermazioni richiede un processo ordinato, inclusa la presentazione di documenti pertinenti, e non un processo apparentemente premeditato il cui esito è predeterminato", ha affermato Bar.

A complicare ulteriormente la vicenda, la posizione del procuratore generale Gali Baharav-Miara, presente al voto di venerdì ma contraria alla decisione, che aveva precedentemente avvertito il primo ministro Netanyahu che non avrebbe potuto licenziare Bar prima che il suo ufficio ne avesse esaminato le motivazioni.

Inoltre, questo venerdì, l'Alta Corte di Giustizia ha emesso un'ingiunzione temporanea per impedire il licenziamento di Ronen Bar che rimarrà in vigore finché la corte non avrà ascoltato le petizioni presentate contro tale decisione.

A seguito dell'ingiunzione dell'Alta Corte, il procuratore generale Gali Baharav-Miara ha ricordato al primo ministro Benjamin Netanyahu che gli è vietato nominare un nuovo capo dello Shin Bet o anche condurre colloqui per tale incarico fino a quando l'Alta Corte non avrà emesso una sentenza definitiva sulla vicenda.

Inoltre, il procuratore generale ha aggiunto che nel frattempo verrà esaminata la questione se Netanyahu possa essere coinvolto nel processo di nomina del nuovo capo dello Shin Bet, "a causa del timore di un conflitto di interessi".

Come ha risposto il governo Netanyahu? Programmando per domenica una nuova votazione per licenziare, stavolta, il procuratore generale Gali Baharav-Miara!

Quella che si è creata in Israele è una situazione a dir poco esplosiva, tanto che alcuni non escludono che questo possa portare persino ad una guerra civile. Di fatto, prendendo esempio dagli Stati Uniti. Netanyahu imita Trump e ha iniziato a fare a pezzi, ignorandole o reiterpretandole, tutte le regole di controllo e bilanciamento dei poteri dello Stato... senza però avere alle spalle alcun solido mandato popolare.