Mentre in "tutta" la Striscia continua il genocidio, i ministri dello Stato ebraico continuano a rivelare le vere intenzioni del genocidio in corso a Gaza.

Dopo Smotrich, oggi è la volta di Gila Gamliel, ministro dell’intelligence, che sul Jerusalem Post ha dichiarato che "invece di destinare denaro alla ricostruzione di Gaza o alla fallita UNRWA (l'agenzia delle Nazioni Unite che supporta i rifugiati palestinesi), la comunità internazionale potrebbe sostenere i costi del reinsediamento, aiutando la popolazione di Gaza a costruire nuove vite in altri paesi ospitanti. ... Gaza è stata a lungo considerata un problema senza risposta. Dobbiamo provare qualcosa di nuovo e chiediamo alla comunità internazionale di contribuire a renderlo realtà. ... Potrebbe essere una soluzione vantaggiosa per tutti: una vittoria per quei civili di Gaza che cercano una vita migliore e una vittoria per Israele dopo questa devastante tragedia".

Non è una sorpresa. Se si mette in atto un genocidio, queste non potevano che essere le motivazioni, vere, per supportarlo. E a questo punto, non è da escludere che il cinismo dei nazisti che governano a Tel Aviv, una volta venuti a conoscenza del piano di Hamas, abbia consigliato loro non di prevenirlo ed evitarlo ma di lasciare che venisse attuato, pure con qualche "aiuto", per avere una giustificazione sul piano internazionale per cacciare i  palestinesi da Gaza, dalla Cigiordania e, infine, da Gerusalemme Est... è un assurdo? Questo è quello che sta accadendo e questo è quello che, quasi sicuramente, è accaduto l'11 settembre negli Stati Uniti.

Ci sono buone notizie? No. Ma almeno dall'ospedale al-Shifa sono stati evacuati i 31 neonati prematuri, affidati alle cure dell'ospedale Tal al-Sultan di Rafah, mentre lunedì saranno trasferiti in Egitto, secondo quanto dichiarato da Mohamed Zaqout, direttore degli ospedali di Gaza, che ha aggiunto che i bambini soffrivano di disidratazione, vomito, ipotermia e alcuni avevano sepsi perché non avevano ricevuto farmaci e non erano in "condizioni adeguate per sopravvivere", ha detto Zaqout.

Altra notizia sul fronte umanitario, la possibilità che si sia trovato un accordo sulla liberazione di una parte degli ostaggi, anche se non è ancora stata resa nota quale possa essere la contropartita chiesta da Hamas. A comunicare il "quasi" raggiungimento dell'accordo il Qatar, paese impegnato nella mediazione.

Sul piano militare, alla tv all news israeliana i24, in una trasmissione in spagnolo, un portavoce dell'IDF ha dichiarato  che erano cinque i fronti di combattimento su cui l'esercito israeliano è impegnato: a Gaza, al confine con il Libano contro Hezbollah, al confine con la Siria, in Giudea e Samaria (per gli ebrei israeliani la Cisgiordania non esiste) e, nel sud, contro gli Houthi dello Yemen.

Proprio quest'ultimi, domenica pomeriggio, hanno affermato di aver preso il controllo di una nave israeliana, la Galaxy Leader, nel Mar Rosso, attacco confermato da  Israele che descrive l'incidente come un atto di terrorismo di matrice iraniana, con conseguenze per la sicurezza marittima internazionale. I ribelli Houthi sono scesi sulla nave mercantile calandosi da un elicottero.

Intanto, l'IDF, come riportato dal governatore ad interim Kamal Abu al-Rub, ha intensificato i raid nel campo profughi di Jenin, dove sono più di 50 i palestinesi finora uccisi.

Issam al-Fayed, un disabile di 46 anni, è stato ucciso sabato all'ingresso del campo di Jenin, mentre altri quattro sono rimasti feriti e 17 arrestati, ha detto Abu al-Rub:

"Dopo aver ricostruito gli ingressi al campo, Israele ha nuovamente distrutto e raso al suolo la stessa area e ha scavato buche nelle strade per impedire alle ambulanze di raggiungere i feriti e per rendere difficile la vita dei palestinesi – come parte della sua politica di punizione collettiva", ha dichiarato ad Al Jazeera.