L’Italia rischia l’incriminazione da parte delle Nazioni unite per favoreggiamento della pedofilia... clericale. Il caso di don Mauro Galli, del presunto abuso sessuale nei confronti di un minore e dell’ambigua gestione da parte di Mario Delpini, oggi arcivescovo di Milano, ha assunto una dimensione internazionale.
Ieri a Ginevra, nella sede dell’Onu, la vicenda è stata al centro di un forum sulla pedofilia nel clero nel quale i testimoni di 23 Paesi del mondo hanno raccontato le loro tristi storie.
Per l’Italia è stata ritenuta emblematica quella del sacerdote di Rozzano che, alla fine del 2011, ha fatto dormire nel suo letto un ragazzo dell’oratorio dopo averlo confessato e in questi mesi è imputato in un processo per abusi in tribunale a Milano.
E nel corso dell’inchiesta si è scoperto che don Mario Delpini, allora vicario episcopale di zona, e don Pierantonio Tremolada, allora responsabile dei giovani sacerdoti e oggi vescovo di Brescia, pur a conoscenza dei fatti, avevano deciso di non denunciare quanto accaduto, di non favorire l’apertura di un’indagine e di trasferire semplicemente il prete da Rozzano a Legnano, sempre a contatto con adolescenti!
"Il caso dimostra la continuità della linea omissiva della Santa Sede", ha spiegato Zanardi, presidente dell'associazione Rete l'abuso, davanti a rappresentanti di Stati Uniti, Messico, Francia, Cile, Canada, Svizzera, Germania, Inghilterra, Argentina, fra gli altri.
"Nella lunga e complessa vicenda di don Galli si vede ben documentata la continuità dei tradizionali insabbiamenti delle denunce e, nonostante le strombazzate "linee dure", la promozione degli insabbiatori."
L’Onu è irritata con il Vaticano fin dal 2014, quando criticò una lettera circolare inviata alle conferenze episcopali di tutto il mondo perché dava "la precedenza alle procedure della legge canonica sulle procedure penali nazionali", chiedendo agli uffici papali di "adottare regole chiare per l’immediata denuncia di tutti i casi sospetti alle autorità civili nazionali anche nei casi in cui le leggi nazionali non lo prevedano come obbligatorio".