Voglio raccontare la tua storia cara amica volpe. Ti ho incontrata, anzi, ti abbiamo incontrata (il mio migliore amico ed io) un maggio di 14 anni fa, mentre riprendevamo delle scene del documentario sulla montagna che avevamo in progetto di realizzare.
Fu un gruppo di fotografi a farci scegliere, quel giorno, il punto esatto dove fermarci. Dovevano essere già stati lì in precedenza, e speravano probabilmente di fare, o rifare, degli scatti che giustificassero l’assedio (avevano tanto di tute mimetiche) e il loro arsenale fotografico. Ma, per beffa del destino, questi fotografi armati fino ai denti di cannoni da 600mm rimasero a obiettivi asciutti, già, perché la volpe si diresse verso di noi. Quando si girarono e videro la volpe trotterellare verso le nostre telecamerine palmari, devono aver provato il desiderio di incenerire noi e la volpe. La volpe, animale più intelligente persino dei cani, aveva scelto noi e non loro. Non chiedetemi perchè. So che sto per dire una cosa che farà storcere il naso agli etologi, che la classificherebbero come eresia antropomorfica, ma sono quasi certo che lo fece apposta. Provava evidentemente antipatia per quei fotografi troppo sicuri di loro stessi (che comunque avevano avuto il merito di suggerirci il luogo). È come se avesse voluto dar loro una lezione, e ci riuscì. Come lo so? Beh! ho visto i loro occhi..
Fu incredibile. Sappiamo di come gli avvistamenti di volpi aumentino un pò dappertutto, anche ai margini di borghi e città, ma vi assicuro che incontrarne una in un bosco incantato a 1.800 metri e vedere quella sua livrea fulva ardere a sprazzi sotto i raggi del sottobosco è un’altra cosa. Del resto, è proprio il genere di spettacolo che aveva attirato i nostri fotografi. Fatto sta che ci ha lasciato il tempo di riprenderla mentre trotterellava per mezzo minuti su e giù per il sentiero sterrato. Subito dopo, tornammo verso una frazione di Valnontey, un piccolo “hameau” alpestre poco più giù, costituito da meravigliose malghe, alcune delle quali ristrutturate. Ad un certo punto, da dietro una malga color legno scuro, ecco ricomparire la nostra amica. Respirava a bocca aperta con affanno al modo dei canidi quando hanno bisogno di disperdere il calore. E mentre lo faceva, guardava in un punto indefinito dello spazio, come fanno gli animali quando attendono qualcosa di arcano.
Il piccolo hameau di una frazione di Valnontey, mia foto
Se ne andò, e riponemmo le attrezzature nei borsoni per tornare verso la macchine con ancora quell’immagine di pelo color tramonto nel pomeriggio più intramontabile. Tornavamo a Milano per mettere insieme le più belle immagini da utilizzare per il documentario.
E’ quello che accadde dopo diede una svolta al presente racconto e al documentario. Non ricordo come successe esattamente, forse per una rimozione, ma ad un certo punto mi accorsi che le immagini della volpe erano sparite, letteralmente evaporate dall’Hard Disc. Non nascondo che mi prese un’ondata di disperazione. Certo, alla luce dell’oggi lo trovo persino un pò ridicolo, perché la complessità dei problemi veri è andata via via aumentando con l’avanzare dell’età, ma all’epoca ero ancora convinto che la vita fosse eternamente costituita di lavori e autorealizzazione. Comunque, la delusione fu tanta, una parte del documentario avrebbe dovuto essere nuovamente cambiata. Dico nuovamente, perché il documentario si basava su una sceneggiatura spontanea, nel senso che scrivevo i testi (tranne alcuni scritti anni prima) in funzione dei filmati che realizzavamo.
Un nostro fermo immagine della volpe la prima volta, maggio 2010
Il tempo passava, impiegavamo il sabato a mettere insieme le immagini e le fotografie migliori per il documentario, che si costruiva a pezzi come in un puzzle. Maggio 2010, era una data che continuava tormentare i nostri ricordi. Sentivamo che mancava qualcosa, come l’irreparabile che rende impossibile una vera ricostruzione. Mese dopo mese, andavamo avanti con il documentario. All’inizio del 2011, cresceva dentro di me quella pulsione emotiva, condita da sensi di colpa, a voler ritornare in quei luoghi nel tentativo disperato di ritrovare la volpe. L’unico punto di riferimento certo, era il luogo dove l’avevamo incontrata un anno prima. Alimentavo in me l’ottusa convinzione, quasi taumaturgica, che la mia sola volontà fosse sufficiente a ricreare il miracolo. Da credente, non potei esimermi dal chiedere aiuto al Signore. Ero ben conscio che il Padre nostro avesse ben altre ferite dell’anima da curare ai 4 continenti ma, come scrissi altrove, la fede di noi cattolici d’occidente si alimenta spesso del nostro stesso individualismo.
Comunque, arrivarono i primi giorni di maggio. Mi ero convinto a partire. Il mio amico non poteva venire, allora decisi di partire da solo. Mi ero talmente caricato emotivamente per quell’evento da non ricordare assolutamente nulla né della mia partenza, né della permanenza nella casa di famiglia, né cosa ho mangiato e neppure com’ero vestito, nulla. Quello che ricordo di quei due o tre giorni, sono due o tre cose. Ricordo il 10 maggio in Val di Rhemes, in cui ero letteralmente l’unico viandante dell’intera valle. Ricordo le fotografie ravvicinate delle marmotte, l’abbracciarsi di corteggiamento in posizione eretta di due esemplari sull’orizzonte di un prato nel tardo meriggio, e ricordo l’inchino che feci a Signora Granta Parei, immersa in un piumone rosa di nubi, prima di tornare giù ormai all’imbrunire. Arrivai giù addirittura col buio, tanto era il mio desiderio di saziarmi di ogni cosa. Ma quello che accadde il giorno dopo, l’11 maggio, ha qualcosa, quello sì, di miracoloso.
Marmotte in Val di Rhemes, mie foto, 10 maggio 2011
Quel giorno mi diressi sul luogo del primo avvistamento. Mi appostai vicino al torrente. Ora che ero lì, avevo dei seri dubbi sulla possibilità di incontrare davvero la volpe. Era pretendere troppo. Ebbi tuttavia l’accortezza (e qui il destino sembrava aver già preparato il terreno al suo piano) di lasciare la telecamera accesa sul cavalletto nel tentativo consolatorio di fare un bel time lapse. E fu questo, a fare della giornata una delle più memorabili della mia vita. Mentre, quasi assonnato, mi preparavo a mettere via tutto, eccoti comparire con passo guardingo e occhi sbarrati, LA VOLPE! Veniva proprio verso di me. Sarebbe bastato che fosse venuta 3 minuti dopo e forse avrei perso l’ennesima occasione. Provate ad immaginare il trambusto che avrei provocato nel tentativo di ricomporre l’attrezzatura, la volpe si sarebbe spaventata e dileguata per sempre. Invece, mi bastò premere il tasto REC per dare il via alla danza naturale più bella a cui avessi assistito. Persino la macchina fotografica era già accesa, pronta a fare gli scatti.
Scatto della volpe mentre si avvicina, incuriosita, al mio obiettivo, mia foto 11 maggio 2011
La volpe, intanto, si dirigeva verso il mio obiettivo, a tal punto che qualche istante dopo il suo naso lo sfiorò. La curiosità della volpe è talmente innata, da spingerla a infrangere tutte le barriere della cautela e il suo stesso istinto di conservazione. Il fatto di vivere in una zona protetta può aver abbassato in lei parte dei naturali timori, ma sarebbe di per sé insufficiente a erodere la proverbiale diffidenza della specie. Questo suo comportamento non poteva che lasciare esterrefatti. Certo, non sono così ingenuo da pensare che fosse mossa dal suo incondizionato amore verso di me, piuttosto che dal più terreno desiderio di trovare una facile fonte di cibo (non vi spaventate, non ero io la fonte!), ma non condivido nemmeno la visione totalmente determinista e comportamentista di molti etologi. Una cosa non deve necessariamente escludere l’altra. L’istinto di sopravvivenza non esclude la curiosità. Così, la spinta ad interagire con un’ altra creatura che la volpe ritiene all’altezza della sua complessità non esclude la ricerca furtiva di un panino. Come spiegare, altrimenti, che anche dopo avermi rubato il panino, avesse deciso di continuare a interagire con me ben oltre le sue necessità alimentari e in barba a tutti i suoi codici di sopravvivenza. A volte si coricava come al sicuro, a volte mi guardava curiosa o annusava la mia macchina fotografica. Altre volte era incuriosita dallo zaino o dai miei commenti sottovoce. Tutte potenziali fonti di cibo? Può darsi, ma continuo a dubitarne. Rimase con me quasi mezz’ora! Mezz’ora o quaranta minuti di pura serenità, di una tacita e naturale complicità basata sul rispetto della propria natura e della distanza, e soprattutto (con buona pace degli etologi che stimo e continuo a leggere) di una sorta di comprensione che non mi spingo a definire empatia, ma qualcosa di molto simile ad una forma di comunicazione tra specie diverse.
Così come arrivò, consentendomi di fare il pieno di ripresa, se ne andò, camminando dolcemente con le orecchie tese verso di me, e muovendole ad ogni suono della foresta. Occorre ricordare che l’udito della volpe è straordinario. Per questo sentiva ogni mio respiro o commento a bassa voce, persino i suoni della mia deglutizione.
Quello che avevo vissuto, definitelo come volete: puro caso nel caos universale? Conseguenza di inconsapevole ordine metodologico? Banale coincidenza? Il mio pianto durato giorni per aver perso le immagini dell’anno prima era arrivato fin qui alle orecchia di quella volpe? Le uniche cose certe, furono le mie preghiere e i miei pianti.
Al di là di ogni speculazione mentale, le possibilità di non incontrare la volpe quel giorno erano immensamente maggiori di quanto non fosse il contrario. Ciò basta a definire tutto ciò, un miracolo.
Tu mentre rovisti nel mio zaino, mia foto 11 maggio 2011
Per questo mia cara amica, ovunque tu sia, e in ricordo di quel miracolo, ho deciso di indirizzarti una lettera, il cui recapito è la vita stessa:
Mia lettera a te, cara volpe
Sono passati 13 anni, cara amica volpe, da quel giorno. Non mi faccio illusioni. La vostra vita è breve e dura. La vostra aspettativa è di circa 12 anni, forse qualcosa in più se siete fortunate. Dato che quando ti ho incontrata, e quando ti abbiamo incontrata la prima volta nel 2010 (abbiamo pensato che tu fossi la stessa volpe conoscendo la vostra territorialità), potevi già averne un certo numero (di anni), forse sei già partita nelle fulve foreste incantate. Ma voglio ringraziarti per i momenti che mi hai restituito, regalandoli nuovamente anche al mio amico che non c'era quel giorno. Senza saperlo, mi hai reso una persona diversa, più ricca e più consapevole dell'incredibile fascino del vostro mondo. Ho avuto come la sensazione che tu mi parlassi col pensiero, in alcuni momenti, e che sapessi in anticipo cosa volessi fare. Quegli occhi nascondevano un fondo di oceano mai completamente scandagliato. Un magnetismo che irretisce la ragione e la spinge verso il sogno. E in questi tempi così grami per lo spirito e il futuro umano non è cosa da poco. Dalle creature della tua specie si possono imparare la discrezione, la semplicità, la curiosità e a sognare di uno stato superiore della nostra evoluzione. Per questo, ho deciso di scrivere un testo per te che rispecchiasse queste tue doti, così che con il mio amico abbiamo deciso di metterti nel mostro documentario immaginando quello che tu stessi pensando sul nostro incontro. Ti ringraziamo e siamo certi che ci rivedremo sui prati elisi dove dove l'unico vento che soffia è quello della comprensione di tutte le cose. Speriamo, chissà, di incontrare qui e ora uno dei tuoi piccoli, per potergli raccontare questa bellissima storia.P.S.: Non ho mai capito perché nel documentario ti abbiamo immaginato come una femmina in cerca di cibo per i tuoi piccoli. Forse, per il fatto che volpe è un sostantivo femminile, ci è venuto spontaneo pensarlo. Magari tu eri semplicemente un maschio (e da dove mi trovavo non sono riuscito a sinceramene). Comunque non importa, e poi maschi sono sempre un po' più antipatici delle femmine, speriamo solo che i tuoi discendenti non abbiano sentito anche quest'ultima frase, conoscendo il loro udito!Grazie, ti vorremo sempre bene e saremo eternamente grati alla vita e a tutte le creature che popolano il tuo mondo.
Chissà a cosa stai pensando, mia foto 11 maggio 2011
Le foreste incantate della Valnontey, dove ti abbiamo incontrata, mia foto 11 maggio 2011