"L'accordo finalmente raggiunto in sede europea sul tetto europeo al prezzo del gas dimostra che questa misura non soltanto era necessaria ma anche possibile. Una vittoria italiana che restituisce speranza nell'Europa che vorremmo. Un risultato frutto del lavoro svolto dal presidente Giorgia Meloni nelle ultime settimane, dal ministro Pichetto Fratin e dall'ex ministro Roberto Cingolani che aveva portato questa misura all'attenzione del Consiglio già diversi mesi fa.Alcuni aspetti di questo accordo dovranno essere meglio definiti, ma già i primi effetti sono ben visibili. Mi riferisco al calo delle quotazioni sul mercato TTF di Amsterdam e al crescente nervosismo di Putin che fino ad oggi aveva guadagnato di più, pur vendendo di meno. Dispiace soltanto non aver raggiunto prima questo benedetto accordo sul price cap. Ci saremmo risparmiati molte sofferenze da parte di famiglie, imprese e bilanci nazionali".  
Questa è la dichiarazione dell'europarlamentare di Fratelli d'Italia -ECR Nicola Procaccini, responsabile ambiente ed energia del partito e alter ego di Giorgia Meloni a Bruxelles, a commento dell'accordo raggiunto lunedì dai ministri dell'Energia dei Paesi Ue sul prezzo al tetto del gas a 180 euro.

Accordo raggiunto a maggioranza con l'Ungheria di Orban che ha votato contro. Un aspetto, quest'ultimo, che Procaccini ed altre figure di primo piano del partito di Giorgia Meloni, compresa la stessa Meloni, hanno dimenticato di sottolineare.

Ma l'intento mediatico di FdI, mostrato nelle scorse, è stato quello di accreditare l'accordo sul price cap a Giorgia Meloni... come se fosse stata lei l'unica interessata in Europa a frenare la corsa del prezzo del gas e, quasi, come se fosse stata lei ad inventarsi la misura, di cui è invece è stato promotore il governo Draghi, con in prima linea l'allora premier.

Ma per i patrioti meloniani l'importante è far credere agli inconsapevoli e agli smemorati che qualsiasi presunto successo politico (e non solo) debba essere attribuito "al" premier Meloni, le cui capacità miracolistiche, però, sembrano esser messe a serio rischio dall'approvazione della legge di bilancio che, causa ritardi nei lavori in commissione, dovuti alla maggioranza, non è ancora approdata in Aula... come previsto dai tempi, già strettissimi, del calendario concordato in precedenza con le opposizioni.

Se entro il 31 dicembre la manovra per il 2023  non dovesse essere approvata in via definitiva, scatterebbe il cosiddetto esercizio provvisorio, con conseguenze a cascata sui conti dello Stato a causa dei giudizi degli operatori nei mercati finanziari.

Rispetto a quanto previsto dal calendario dei lavori, i testi del governo sono arrivati in commissione alla Camera tra domenica sera e lunedì mattina con cinque differenti pacchetti di emendamenti... ma ad oggi quelli dei relatori ancora non sono stati ultimati.

Per questo, la Commissione non ha ancora proceduto ad un solo voto favorevole, nemmeno su alcuni testi su cui nei giorni scorsi è stata trovata una mediazione. I lavori riprenderanno nel pomeriggio, con l'obiettivo, spiegano fonti di governo, di chiudere l'esame intorno alle 17 e di portare il tutto in Aula nel pomeriggio di domani, non escludendo la richiesta di una seduta notturna fra giovedì e venerdì.

Si va, dunque verso il voto di fiducia, per provare a chiudere la partita almeno alla Camera, prima di Natale. Un voto di fiducia che, lo scorso anno proprio sulla legge di bilancio era stato definito dalla Meloni un attacco alla democrazia, chiedendo pure l'intervento di Mattarella. 

Adesso, con i suoi ministri in pieno caos, con provvedimenti annunciati in pompa magna e frettolosamente  rimossi (vedi il limite dei 60 euro per i pagamenti elettronici), altri inseriti per favorire alcune lobby (vedi quelli per le squadre di Serie A e per i cacciatori che dovrebbero poter sparare dovunque, alla qualunque e a qualsiasi ora), i patrioti non sanno a che santo votarsi per riuscire ad approvare la legge di bilancio per il 2023... per questo qualunque presunto successo di cui impossessarsi, come il price cap, e  da sbandierare per nascondere la pochezza dell'esecutivo non ci deve certo sorprendere. 

La maggioranza che sostiene il governo Meloni ed il suo esecutivo, questa è la sola cosa che, per certo, riuscirà a fare nei prossimi mesi.