Marisa Francescangeli è la maestra di storia, geografia e musica della scuola primaria di San Vero Milis, in provincia di Oristano, che è stata sospesa per 20 giorni e ha visto il suo stipendio dimezzato per aver fatto recitare preghiere ai suoi alunni durante l'orario scolastico. La decisione è arrivata prima di Pasqua e ha scatenato un'accesa polemica tra chi difende il diritto alla libertà religiosa e chi invoca il rispetto della laicità della scuola pubblica.
La vicenda è iniziata a dicembre, quando la maestra ha fatto recitare l'Ave Maria e il Padre Nostro a dei bambini di 8 anni durante alcune ore di supplenza. Secondo la docente, si trattava di un gesto spontaneo e condiviso, visto che tutti gli alunni erano di religione cattolica. A non gradire le preghiere in aula sono state le mamme di due alunni, che si sono rivolte al preside della scuola per lamentarsi. La maestra è stata quindi convocata dal dirigente scolastico, che le ha chiesto di scusarsi con i genitori.
"Così ho fatto", ha dichiarato Francescangeli, che però non si aspettava la sospensione.
La maestra ha smentito anche altre accuse che le sono state mosse, come quella di aver fatto realizzare ai bambini dei rosari con delle perline o di averli "benedetti" con dell'olio di Medjugorje. Ha spiegato che si trattava solo di regali e di giochi innocenti, senza alcuna intenzione proselitista. Ha negato anche di aver sostenuto in classe che i terremoti fossero "punizioni di Dio per la malvagità umana", come riportato da alcuni media.
La maestra si è detta vittima di un'ingiustizia e ha annunciato di voler fare ricorso contro la sospensione. Ha definito la decisione "un segno di Gesù" e ha affermato di sentirsi "messa in croce dalla democrazia".
Ha ricevuto il sostegno di molti genitori e colleghi, che hanno organizzato una raccolta firme e una manifestazione a suo favore. Ha trovato anche l'appoggio di alcuni esponenti politici, come il leader della Lega Matteo Salvini, che ha definito la sospensione "una follia" e ha chiesto al ministro dell'Istruzione di intervenire.
Tra i politici, da segnalare anche lo scomposto e allucinato intervento di Vittorio Sgarbi - che con un ministro alla Cultura del calibro di Sangiuliano non poteva che non finire per esserne sottosegretario - che ha dichiarato esemplare quanto fatto dall'insegnante, lodandone le qualità, per aver mostrato rispetto per i valori cristiani che sono una lenta tradizione di verità ed esortando il ministro Valditara a chiudere l'Ufficio Scolastico che ne ha decretato la sospensione.
Questo l'incomprensibile sproloquio di Vittorio Sgarbi sull'argomento in linea col dettato meloniano di dio, patria e famiglia:
Al di là della vicenda in sé, in relazione alla sospensione e al dimezzamento dello stipendio, quello che lascia perplessi è che nel 2023 ci sia ancora gente, in Italia, a cui non è entrato in zucca che Stato e Chiesa sono e devono rimanere istituzioni separate... anche, se non soprattutto, a partire dall'istruzione.
E a proposito della cultura di cui parla Sgarbi, senza sapere di cosa parla, sull'argomento un "certo" Victor Hugo disse quel che c'era da dire già nel 1850 in un celebre intervento all'Assemblea nazionale, in cui si oppose al progetto di legge che voleva consegnare l'istruzione pubblica nelle mani del clero cattolico.
Victor Hugo partì dal principio che l'istruzione è un diritto fondamentale di ogni essere umano, soprattutto dei bambini, che devono essere educati alla libertà di pensiero, alla tolleranza e al progresso. Per questo, propose di rendere l'istruzione primaria obbligatoria e gratuita per tutti, e di estendere la gratuità anche agli altri gradi di istruzione. Inoltre, sostenne che l'istruzione pubblica doveva essere data e regolata dallo Stato, e non dalla Chiesa, che aveva dimostrato nei secoli di essere una forza oscurantista, repressiva e dogmatica.
Victor Hugo denunciò infatti il ruolo nefasto che il clero cattolico aveva avuto nella storia dell'Europa, soffocando lo spirito critico, la creatività e la libertà dei popoli. Citò come esempi l'Italia e la Spagna, due nazioni illustri che erano state ridotte alla miseria e all'ignoranza dal dominio clericale. Al contrario, elogiò i paesi protestanti, come l'Inghilterra e la Germania, dove l'insegnamento era più libero e indipendente dalla religione.
Victor Hugo non era però un ateo o un anticristiano. Al contrario, si dichiarò profondamente religioso e rispettoso della fede altrui. Ma distinse tra la religione vera, quella del cuore e della coscienza, e il clericalismo falso, quello dell'interesse e dell'autorità. Per lui, la religione doveva essere una questione privata e personale, non una imposizione pubblica e collettiva. Per questo, difese il principio della separazione tra Chiesa e Stato, che garantiva la libertà di culto a tutti i cittadini.
Oggi, a più di 170 anni da quel discorso storico, possiamo dire che Victor Hugo aveva ragione. L'insegnamento cattolico si è dimostrato spesso inadeguato a formare dei cittadini liberi, critici e responsabili. Al contrario, ha contribuito a diffondere pregiudizi, dogmi e fanatismi che ostacolano il dialogo interculturale e il rispetto dei diritti umani. Inoltre, ha cercato di opporsi ai progressi della scienza e della cultura, negando o minimizzando i fatti storici, scientifici e sociali che contraddicevano la sua dottrina.
Per questo motivo, crediamo che sia necessario riaffermare il valore dell'insegnamento laico e pubblico come garanzia di una società democratica, pluralista e solidale... senza neppure scomodarsi a citare la Costituzione.
Ma gente del "calibro" di Salvini e Sgarbi, solo per citare alcuni degli sgangheratissimi attuali rappresentanti delle principali cariche dello Stato non lo hanno ancora capito... e non sembrano neppure essere in grado di capirlo.
E se non riescono a capire concetti tanto banali nella loro elementare evidenza, non si può non rimanere terrorizzati da come affrontino problematiche anche solo leggermente più complesse.