La signora Meloni, mercoledì alla Camera, ha ricordato ai deputati presenti e agli italiani che l'Europa del Manifesto di Ventotene non è la sua Europa, giustificando la sua affermazione con alcuni passaggi estrapolati dal testo:

"Primo, la rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista. E fino a qui, va bene. La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente, caso per caso. Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente.Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni, la metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria.E Il Manifesto conclude che esso, il partito rivoluzionario, attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell'ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà, in tal modo, le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato e, attorno ad esso, la nuova democrazia. Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia".

Il problema per Meloni, però, è che  uno degli estensori del Manifesto, Altiero Spinelli, è considerato dalle istituzioni europee come uno degli artefici dell'attuale Unione Europea, tanto che a Bruxelles gli hanno pure dedicato un palazzo che fa da supporto all'attività del Parlamento. Se questo non bastasse, anche la maltese Metsola, che appartiene alla stessa famiglia europea della (post) camerata Giorgia Meloni, ha voluto sottolineare che l'Europa in quel Manifesto si riconosce, eccome!

Dopo questa premessa, adesso possiamo rispondere alla premier Meloni usando la sua stessa logica per chiederle perché lei e i suoi camerati debbano, ad esempio, sentirsi in dovere di promuovere vie e piazze ad un fascista, repubblichino e missino come Giorgio Almirante, che in vita dopo aver spiegato e promosso l'inferiorità della "razza ebraica" insieme alle relative leggi razziali si è speso per ricercare e fucilare chiunque non aderisse alla Repubblica di Salò?

Al riguardo ecco un breve florilegio delle citazioni meloniane pro Almirante:

Giugno 2018: Meloni ha sostenuto l'intitolazione di una via a Roma a Giorgio Almirante, definendolo "patriota" e ribadendo l'importanza di riconoscere la sua figura nella toponomastica della capitale. ​(Agenzia Dire)
Settembre 2019: Durante la chiusura dell'evento Atreju, Meloni ha citato Almirante affermando: "Per noi la parola data è sacra, ciò che diciamo facciamo. Ce lo ha insegnato Almirante: la massima aspirazione di un politico è poter guardare la gente negli occhi." ​ (Libero)

22 maggio 2020: In occasione del 32º anniversario della morte di Almirante, Meloni ha scritto su Twitter: "Ci lasciava 32 anni fa Giorgio Almirante. Politico e patriota d'altri tempi stimato da amici e avversari. Amore per l'Italia, onestà, coerenza e coraggio sono valori che ha trasmesso alla destra italiana e che portiamo avanti ogni giorno. Un grande uomo che non dimenticheremo mai" (Twitter, adesso X)

Pertanto, uno che non è fascista e non ha intenzione di diventarlo, cosa dovrebbe dire, in relazione a ciò, a Meloni e ai suoi sgangheratissimi sostenitori che intendono "almirantizzare" ogni località della nazione se non...

"Non so se questa è la vostra Italia, ma certamente non è la mia".