I problemi del Partito Democratico sono due: uno si chiama "vocazione maggioritaria", l'altro "Matteo Renzi".

Nel corso degli anni, il centrosinistra, nelle varie sigle con cui si è presentato agli italiani, ha progressivamente dimenticato il proprio elettorato di riferimento. È un fenomeno che va avanti da tempo, addirittura dai primissimi anni '90 con gli ex PCI che iniziavano a votare Lega Nord.

Il "berlusconismo" ha poi trasformato la politica in una specie di competizione (anche se in parte lo è sempre stata) dove però la vittoria ha finito per prevalere sulla rappresentanza, con l'opportunità che ha prevalso sull'ideologia. L'importante è vincere! Uno slogan nefasto, ma di cui nessuno sembra essersi reso conto. Così nacque il Berlusconi imprenditore e finanziere e contemporaneamente il Berlusconi operaio.

Il centrosinistra ha seguito lo stesso esempio, anche se cercando di darsi un "tono". Così Veltroni si inventò, alla nascita del Pd, il partito a vocazione maggioritaria, che finì per essere la fotocopia esatta del partito del "principale esponente della forza politica a lui avversa", confrontandosi con Berlusconi sul suo stesso terreno...

Come è noto a tutti, perché una persona dovrebbe acquistare la copia di un prodotto quando, allo stesso prezzo, può acquistare l'originale?

Il partito di Berlusconi ha finito per logorarsi e sta progressivamente scomparendo per consunzione, un processo naturale legato al fatto che il suo ultraottantenne fondatore non ha saputo o voluto trasformare un "rassemblement" personalistico in una vera forza politica.

Il Partito Democratico ha pensato di approfittarne e di prenderne il posto. Il concetto di partito a vocazione maggioritaria inventato da Veltroni è stato preso in prestito da Matteo Renzi che lo ha messo in pratica cercando di sostituirsi all'ex Cavaliere, ormai incamminato sul viale del tramonto.

Il Pd doveva diventare, sostituendola, la nuova Forza Italia. Questa, da sempre, è stata l'idea di Renzi che da quando si è insediato a Palazzo Chigi ha tenacemente cercato di inseguire e di far affermare nel Paese.

Facendo ricorso alla menzogna e al cinismo, Renzi proclamava urbi et orbi che nessuno sarebbe rimasto indietro e che l'Italia sarebbe stata un Paese migliore.

In realtà, però, Renzi ha creato divisioni e steccati, con determinazione e senza farsi venire troppi dubbi in proposito. Così, mentre diceva di creare posti di lavoro, cancellava il tempo indeterminato favorendo esclusivamente il precariato, facendo un regalo agli imprenditori e togliendo sicurezza alle famiglie, almeno a quelle di cui non faceva parte una persona assunta nella Pubblica Amministrazione.

Ma niente paura. Per far ingoiare la pillola ecco gli 80 euro, un provvedimento definito di "giustizia sociale" che però, a differenza di quanto uno possa pensare, scatta a partire dai 600 euro in su... gli altri che ne avrebbero avuto più bisogno si arrangino.

Il Partito Democratico con Renzi ha cercato di prendere il posto di Forza Italia o, se si preferisce, di diventare la nuova Democrazia Cristiana, dicendo di voler rappresentare tutti, mentre, in realtà mirava esclusivamente a guardare solo a certi ceti sociali, dall'alta alla media e piccola borghesia...

E gli altri? Che si arrangino. La vocazione maggioritaria, per il Pd di Renzi, ha sempre escluso una bella fetta di italiani, risultata poi in aumento a causa della crisi economica. Un cinismo politico, se si vuole, anche plausibile, ma del tutto incomprensibile e fuori di ogni logica se messo in atto da un partito che si è definito e continua a definirsi addirittura socialista.


Naturalmente, la gente, stanca di farsi prendere per il naso, alle elezioni politiche del 2018 ha detto a Renzi ed al Pd che cosa ne pensava della sua vocazione maggioritaria e delle costanti prese in giro e tutti sappiamo come è andata a finire.

Il problema per il Paese, però, è che uno come Renzi, che oltre a rappresentare sé stesso deve rappresentare interessi di terzi che evidentemente lo finanziano con molta generosità, non molla facilmente il potere e, pertanto non molla neppure il Partito Democratico, finché pensa che possa tornargli utile.

A causa di ciò, il Pd si è così ritrovato ad eleggere un nuovo segretario dopo un anno esatto dal disastro elettorale del 2018 e a poche settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, con un partito da riorganizzare fin dalla base.

Per questo, Matteo Renzi, che nel frattempo ha pure cercato di oscurare le primarie con il tour per la promozione del suo ultimo libro, ha finito per fare da padrino a due dei candidati alla segreteria, Martina e Giachetti, che a loro volta hanno dichiarato che quanto fatto nell'era renziana non può esser buttato al macero... anzi.

Unica flebile speranza per il rinnovamento del Pd è rappresentata da Zingaretti che però, anche se diventerà segretario, dovrà comunque fare i conti con i renziani e con gli ex margherita, con la minaccia di scissioni e con il fatto che costoro non potranno mai pronunciare alcun mea culpa per i provvedimenti del passato, a partire dal jobs act.

Pertanto, quella di Zingaretti, nel caso vinca le primarie e venga poi nominato segretario, potrebbe finire per essere la classica vittoria di Pirro.

Il Pd ed il centro sinistra continueranno ad essere ostaggio di Matteo Renzi, almeno finché non deciderà lui che è arrivato il momento di creare un nuovo partito.

Morale? Se il grillismo è in ritirata, il neoleghismo, visto che secondo alcuni non è (ancora) classificabile come fascismo, non avrà ostacoli per affermarsi del tutto. Grazie al Pd e, in particolar modo, grazie a Renzi.