Virginia Raggi, come chiunque altro al suo posto, fa quello che può nel gestire al meglio un problema pressoché irrisolvibile come può essere quello di amministrare Roma.

La "buona gestione" del passato è valsa alla capitale 13 miliardi di euro di debiti. Adesso, si pretende che l'attuale sindaco riesca a sanare il debito del passato e a trasformare Roma in una città del nord Europa, mentre la politica, i media e persino dipendenti e cittadini pretendono di non dover avere e non dover rispettare alcun obbligo. Così, qualunque miglioria venga fatta e qualunque passo avanti verso una buona amministrazione venga proposto, la città finisce per essere descritta sempre come sporca, le strade impraticabili, i mezzi pubblici inesistenti e chi più ne ha più ne metta...

E ad assicurare che ciò accada sono gli stessi che hanno contribuito ad affossarla. Oltretutto, nessuno sembra essersi accorto che gran parte dei problemi di Roma dipende dall'estensione del territorio, troppo vasto e non abbastanza densamente popolato rispetto al numero e alla tipologia dei servizi che dovrebbe garantire.

E invece di ragionare su come risolvere i problemi, i responsabili politici di destra e di sinistra alimentano campagne mediatiche in relazione a qualsiasi provvedimento si cerchi di approvare per migliorare la situazione della Capitale. E adesso anche il Governo, o almeno una parte di esso, si oppone ad un nuovo tentativo di migliorare i conti di Roma.

Secondo la sindaca Virginia Raggi per Roma sarebbe meglio ricevere prestiti dallo Stato che dalle banche, evitando così di pagare interessi e destinando quei soldi al risanamento dei conti, operazione che, va da sé, si tradurrebbe anche in servizi più efficienti.

Per ragioni politiche la Lega non vuole che le cose a Roma migliorino. Da una parte perché questo diminuirebbe la possibilità di eleggere un suo sindaco alle prossime comunali, dall'altra perché sacrificare Roma fa gioco nella campagna per le europee e distoglie l'attenzione dai problemi giudiziari attuali (e forse futuri con avvisi di garanzia che "aleggiano" sul proprio tesoriere) che incombono su Armando Siri, organizzatore della Scuola di formazione politica del partito, di cui i 5 Stelle chiedono le dimissioni da sottosegretario ai Trasporti. Non un gran biglietto da visita per la Lega che a formare i suoi rappresentanti sia gestita un indagato in una inchiesta dove è coinvolta pure la mafia. Per questo Salvini lo vuole difendere, facendolo passare da martire, per evitare che si possano insinuare  dubbi negli elettori, a breve chiamati a votare.

Con queste premesse, in serata si svolgerà un Consiglio dei Ministri, il 56esimo della legislatura, dove la Lega punterà i piedi per non concedere ulteriori prestiti a Roma e continuare a marcare le proprie differenze rispetto all'alleato 5 Stelle, in una esperienza di governo che diventa ogni giorno sempre più complicata, se non addirittura grottesca.

In base a quanto dichiarato in una intervista ad uno dei giornali di riferimento della Lega, la Verità di Belpietro, la posizione di Salvini è la seguente: "È tutto molto semplice: o si aiutano tutti i comuni in difficoltà, o non si aiuta nessuno".

Nonostante ciò, il segretario leghista dice che non c'è crisi alle porte, perché nei prossimi sette giorni dice di "voler chiudere" su autonomia, giustizia, riforma del fisco, della scuola e dell’università.

Probabilmente, nel decreto crescita che verrà nuovamente discusso oggi, si troverà un compromesso per tentare di salvare capra e cavoli, con l'ennesimo rinvio o l'ennesimo artificio che possa, in qualche modo, far sembrare vincitori i due "galletti", Salvini e Di Maio che, mentre parlano di cambiamento, continuano la loro perenne propaganda elettorale, iniziata un anno fa, con la sola differenza che adesso, in vista delle europee, tra i nemici da additare ai loro sostenitori hanno incluso anche l'alleato di governo.

Bisogna riconoscere che almeno hanno smesso di parlare di cambiamento!