Il ministro dell'Interno britannico, Priti Patel, ha approvato l'estradizione del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, negli Stati Uniti.

Assange è ricercato dalle autorità americane per rispondere a 18 capi di imputazione, tra cui un'accusa di spionaggio, relativi al rilascio da parte di WikiLeaks di documenti militari riservati e cablogrammi diplomatici che secondo Washington avrebbero messo in pericolo la vita di agenti sotto copertura e diplomatici. Capi d'imputazione, va ricordato, per i quali Assange rischierebbe una pena di 175 anni di carcere.

Di certo è che quei documenti hanno svelato al mondo le atrocità commesse dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan. 

La decisione della Patel fa seguito a quella dei tribunali del Regno Unito che, in vari gradi di giudizio, hanno ritenuto che l'estradizione di Assange non sarebbe "incompatibile con i suoi diritti umani" e che negli Stati Uniti verrebbe trattato in modo appropriato.

Adesso Assange ha 14 giorni di tempo per impugnare la decisione, cosa che farà sicuramente come anticipato via social da Wikileaks, che ha definito quanto accaduto un giorno buio per la libertà di stampa e per la democrazia britannica:

"Oggi non è la fine della lotta. È solo l'inizio di una nuova battaglia legale. Faremo ricorso"...