Nel contesto politico e sociale di Israele, la riforma del sistema giudiziario voluta dal primo ministro Benjamin Netanyahu, nonostante sia bloccata in attesa che maggioranza e opposizione trovino un punto d'intesa, continua a suscitare le proteste di decine di migliaia di manifestanti che anche sabato, per la sedicesima settimana consecutiva, sono scesi in strada nelle principali città dello stato ebraico.

La riforma. principalmente, mira a ridurre i poteri della Corte suprema, organo composto da 15 giudici attualmente nominati da una commissione indipendente formata da tre membri della stessa corte, due avvocati e quattro politici (due ministri e due parlamentari). La Corte ha il compito di esaminare la costituzionalità delle leggi approvate dal parlamento (la Knesset) e dei provvedimenti del governo, e di tutelare i diritti umani e le minoranze. La Corte può annullare le leggi che violano i principi della ragionevolezza, della proporzionalità e dell'uguaglianza, o che contrastano con le leggi fondamentali, che costituiscono la base del sistema giuridico israeliano... leggi di ispirazione costituzionale, dato che Israele non ha una costituzione.

La riforma proposta da Netanyahu prevede tre modifiche principali:

- la possibilità per la Knesset di ribaltare le decisioni della Corte suprema con una maggioranza semplice di 61 voti su 121;
- la limitazione del potere della Corte di controllare e rivedere la legalità delle leggi fondamentali, che verrebbero sottratte al suo controllo;
- la modifica del meccanismo di nomina dei giudici della Corte, che verrebbero scelti dal governo anziché da una commissione indipendente.

Le motivazioni addotte da Netanyahu e dai suoi alleati per giustificare la riforma sono il bisogno di riequilibrare i poteri dello Stato, evitando che la Corte si sostituisca al parlamento e al governo nelle sue scelte politiche, e il desiderio di rendere la Corte più rappresentativa della società israeliana, introducendo una maggiore diversità ideologica e demografica tra i giudici.

Tuttavia, la riforma è stata fortemente contestata da una vasta parte dell'opinione pubblica, dei media, della società civile, del mondo accademico e giuridico, e anche da alcuni membri dello stesso governo. Le critiche si basano sul rischio che minacci l'indipendenza della magistratura, sottoponendola al controllo del potere politico, e che comprometta il ruolo della Corte come garante della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani in Israele. Inoltre, è più che fondato il sospetto che la riforma sia motivata da interessi personali di Netanyahu, che è sotto processo per accuse di corruzione, frode e abuso di ufficio.

Per queste ragioni, decine di migliaia di manifestanti, anche ieri sera per la sedicesima settimana consecutiva, sono scese in strada per protestare contro tale riforma. Solo a Tel Aviv erano oltre 100mila.

I colloqui tra governo e opposizione hanno come arbitro il presidente Isaac Herzog che nelle interviste rilasciate in questo fine settimana in occasione del prossimo Yom HaZikaron continua a dirsi preoccupato di quanto sta accadendo in Israele, anticipando che indicherà chiunque riterrà responsabile del fallimento di un'intesa sulla revisione del sistema giudiziario.

In ogni caso, anche in occasione della prossima festività sono annunciate nuove manifestazioni di protesta.