Kahol Lavan e Likud, Benny Gantz e Netanyahu, lunedì hanno firmato l'accordo di coalizione che consente ad Israele di avere un nuovo governo dopo più di un anno di incertezza politica sottolineata da tre turni elettorali.

Entrambi i leader, che si sono presentati agli elettori su fronti opposti con Gantz che aveva escluso qualsiasi possibilità di un governo di coalizione con Netanyahu, hanno giustificato questa scelta con la necessità di contrastare la pandemia, evitando così una quarta elezione.

Quello che nasce sarà un governo a staffetta. Inizierà Netanyahu che resterà in carica per 18 mesi, durante i quali dovrà affrontare un processo (rinviato al 24 maggio) dove dovrà rispondere di tre diversi casi di corruzione.

Gantz farà parte del Governo fin da subito, con l'incarico di vice primo ministro e ministro della Difesa, per sostituire poi Netanyahu nell'incarico di premier a partire da ottobre 2021 per i successivi 18 mesi.

Tra i punti dell'accordo, Netanyahu potrà presentare una legge per chiedere di annettere parti di territorio della Cisgiordania a partire dal 1 luglio, a condizione che tale decisione sia supportata dall'amministrazione statunitense. 

E sempre Netanyahu potrà decidere di porre il veto alle nomine del prossimo procuratore generale e del procuratore statale. 

In base all'accordo, il governo avrà in una prima fase 32 ministri che in seguito diventeranno 36, ​​oltre a 16 vice ministri.

Da non dimenticare che se l'Alta Corte di giustizia dovesse esprimersi sull'incompatibilità di Netanyahu a ricoprire il ruolo di primo ministro durante il processo per corruzione, Israele tornerà al voto.

Per l'ambasciatore americano in Israele, David Friedman, quanto accaduto lunedì è un'ottima notizia: "Gli Stati Uniti non vedono l'ora di lavorare a stretto contatto con il nuovo Governo per far avanzare i nostri valori e i nostri interessi.

Non è invece dello stesso parere il primo ministro dell'Autorità palestinese, Mohammed Shtayyeh, che ha definito il nuovo esecutivo "un governo di annessione", con l'obbiettivo di "porre fine alla soluzione a due Stati, mettendo in atto lo smantellamento dei diritti del popolo palestinese come stabilito dal diritto e dalle risoluzioni internazionali".