Il morale esercito dello Stato ebraico anche venerdì sta continuando il "tiro al piccione" sul Libano, colpendo a casaccio le abitazioni dei civili, dalla regione di Tiro (a ovest) alla valle della Bekaa (a est). Oltre 700 le persone finora assassinate, mentre è di 25 il numero di quelle uccise nelle ultime ore, secondo il ministro della Sanità libanese Firass Abiad.
Ieri Netanyahu aveva affermato di non prendere in considerazione la proposta di una tregua avanzata da Stati Uniti e Francia, Successivamente, il suo ufficio ha rilasciato una dichiarazione in senso del tutto opposto, seguita poi da una dichiarazione del ministro della Difesa Gallant che dichiarava l'intenzione dell'esercito nel proseguire gli attacchi sul Libano finché il nord di Israele non sarà di nuovo sicuro.
Netanyahu, assediato a New York nell'albergo in cui alloggia da una folla di manifestanti pro Palestina parlerà in giornata alle Nazioni Unite. Forse, in quell'occasione chiarirà quale sia la posizione del suo Paese.
Thousands marching tonight in NYC shutting down 3rd Ave at the @WOLPalestine action to protest Netanyahu’s scheduled speech at the UN and demand Eric Adams resign as mayor 🇵🇸 pic.twitter.com/OGagPCV5Sq
— Gerard (@GerardDalbon) September 26, 2024
Dal punto di vista militare, il tentativo da parte di Israele di riprodurre il genocidio messo in atto a Gaza anche in Libano sta producendo il risultato opposto rispetto a quello sperato. Infatti, non solo Israele non è al momento in grado di poter far rientrare gli sfollati nell'alta Galilea, ma sta rendendo inabitabile anche l'area della costa nord occidentale del Paese con i razzi che continuano a cadere su Haifa e Tiberiade. Ieri sera su Tel Aviv la contraerea ha dovuto abbattere un missile balistico Houthi.
In questo clima di guerra totale, l'esercito ebraico continua a portare avanti i suoi crimini anche in Cisgiordania e a Gaza, sicuro della complicità del cosiddetto occidente democratico, mentre nell'intera regione alla catastrofe umanitaria si sta affiancando anche la catastrofe economica.
Di oggi, l'iniziativa diplomatica dell'Arabia Saudita, con il ministro degli Esteri Faisal bin Farhan che a margine del Consiglio Generale delle Nazioni Unite ha annunciato il lancio dell' "Alleanza internazionale per attuare la soluzione dei due Stati".
Il principe Faisal bin Farhan ha dichiarato: "Oggi, a nome dei paesi arabi e islamici e dei nostri partner europei, annunciamo il lancio della coalizione internazionale per attuare la soluzione dei due Stati e vi invitiamo ad aderire a questa iniziativa, sottolineando che faremo ogni sforzo per realizzare un percorso affidabile e irreversibile verso una pace giusta e globale. Non vediamo l’ora di ascoltare i vostri suggerimenti.La guerra a Gaza ha causato una catastrofe umanitaria, oltre alle gravi violazioni perpetrate dalle forze di occupazione israeliane in Cisgiordania e alla minaccia alla moschea di Al-Aqsa e ai luoghi religiosi, come perpetuazione della la politica di occupazione e di violento estremismo.L'autodifesa non può giustificare l'uccisione di decine di migliaia di civili, la pratica della distruzione sistematica, lo sfollamento forzato, l'uso della fame come strumento di guerra, l'incitamento e la disumanizzazione, e la tortura sistematica nelle sue forme peggiori, inclusa violenza sessuale e altri crimini documentati, secondo i rapporti delle Nazioni Unite. In questi giorni stiamo assistendo a una pericolosa escalation regionale che colpisce la sorella Repubblica libanese e ci porta al pericolo dello scoppio di una guerra regionale che minaccia il Medio Oriente e il mondo intero.Chiediamo la fine immediata della guerra in corso e di tutte le violazioni del diritto internazionale, e di ritenere responsabili tutti coloro che ostacolano il processo di pace e di non consentire loro di minacciare la sicurezza del paese. della regione e del mondo".
Il principe Faisal bin Farhan ha sottolineato che la creazione di uno Stato palestinese indipendente è un diritto intrinseco e la base per la pace, e non un risultato finale da negoziare all'interno di un processo politico indefinito.