Dopo aver ricevuto dalla Consob poco prima della mezzanotte di giovedì il via libera alla riapertura dell'offerta su circa 4,5 miliardi di suoi bond subordinati da convertire in azioni, MPS ha reso nota al mercato la proroga che scadrà al 21 dicembre 2016.

La banca senese, in tal modo, tenterà in extremis di trovare sul mercato le risorse per portare a termine la ricapitalizzazione da 5 miliardi da concludere entro fine anno: in caso contrario sarà lo Stato da intervenire per evitarne il fallimento.

L'operazione prevede che la conversione in azioni venga offerta anche ai titolari dei bond retail e contestualmente venga lanciato un collocamento di azioni destinato agli investitori in Italia per il 35%, di cui un 30% in prelazione agli azionisti esistenti, mentre il 65% ad investitori istituzionali italiani ed esteri.

Adesso i piccoli azionisti che avevano acquistato le obbligazioni della banca per tutelarsi dai rischi delle fluttuazioni del mercato si troveranno di fronte ad un dubbio amletico: accettare l'offerta e trasformare i titoli in azioni oppure attendere che intervenga lo Stato? Quale sarà la soluzione più conveniente e quella che potrà garantire almeno di recuperare il capitale investito? 

In una situazione simile, impossibile fare una separazione tra investitori consapevoli e investitori non consapevoli del rischio d'investimento. In un caso o nell'altro, per chiunque sarebbe comunque difficile decidere.

Ed è proprio questo il punto. Nonostante l'esperienza più che negativa delle quattro banche locali dello scorso anno, Governo, Consob e Banca d'Italia stanno riallestendo una rappresentazione che rischia di veder pagare, come al solito, soltanto i piccoli investitori.