La storia, conosciuta forse da pochi che non si possano definire addetti ai lavori, che si trascina da ben 40 anni vede lo Stato italiano, nonostante le direttive Europee, essere in debito, almeno in relazione ad un determinato periodo, con gli specializzandi. Ovviamente ne sono nati contenziosi milionari ancora aperti a cui lo Stato "deve" porre fine e rimedio.
Molte sentenze hanno avuto esito favorevole, altre sono state negative in prima battuta e ne è nata tutta una serie di problematiche che hanno più volte interessato la Corte Europea e la Cassazione. Alla fine dei giochi, lo stato dovrebbe fare accordi transattivi, in quanto sono milioni i debiti che ha accumulato in questi 40 anni a favore dei ricorrenti che ancora attendono un giudizio definitivo. Ma forse c'è uno spiraglio...
"La sentenza della Corte di giustizia del 3 marzo 2022 ha chiarito che le disposizioni in materia devono essere interpretate nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o tempo ridotto come medico specialista, iniziata prima dell'entrata in vigore della direttiva, cioè il 19 gennaio 1982, e proseguita dopo la scadenza della trasposizione della direttiva, quindi il 1° gennaio 1983, deve essere oggetto di una remunerazione adeguata per il periodo di tale formazione, che però è a partire ovviamente dal 1° gennaio 1983". Alla luce di ciò, il ministero dell'Università, assieme alle altre amministrazioni competenti, si muoverà "per promuovere ogni utile iniziativa per porre rimedio alla questione segnalata".".
Così il ministro dell'Università e ricerca ha risposto nell'aula del Senato al question time sul tema presentato da Daniela Sbrollini (IV), nel quale si chiedeva quali iniziative si intendano adottare per consentire ai medici specializzandi di quegli anni di "beneficiare degli stessi diritti e di un'adeguata remunerazione, che da troppo tempo è stata loro negata.
Di seguito la risposta integrale del ministro Messa.
"Il Ministero è a conoscenza della questione che lei ha illustrato e anche di questo ultimo intervento della Corte di giustizia, che ha precisato il campo di applicazione soggettivo della direttiva 82/76/CEE.La direttiva 82/76/CEE del 26 gennaio del 1982 ha riconosciuto l'obbligo per gli Stati membri, come ha detto, di corrispondere un'adeguata remunerazione agli specializzandi medici per tutta la durata dei rispettivi corsi di specializzazione post universitaria. In sede di adeguamento, nel diritto interno, è emersa però una criticità riguardo all'individuazione dei soggetti destinatari di tale disposizione, sia a causa del tardivo recepimento della normativa europea da parte del legislatore italiano (vero), sia in riferimento all'individuazione del periodo di applicazione della stessa.La sentenza della Corte di giustizia del 3 marzo 2022 ha chiarito che le disposizioni in materia devono essere interpretate nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o tempo ridotto come medico specialista, iniziata prima dell'entrata in vigore della direttiva, cioè il 19 gennaio 1982, e proseguita dopo la scadenza della trasposizione della direttiva, quindi il 1° gennaio 1983, deve essere oggetto di una remunerazione adeguata per il periodo di tale formazione, che però è a partire ovviamente dal 1° gennaio 1983. Dalla sentenza si desume, quindi, che il diritto attribuito dalla direttiva in esame spetta sì a tutti coloro che abbiano frequentato un corso di specializzazione medica, anche se iscritti prima del 29 gennaio 1982, ma questa remunerazione riguarda il periodo che inizia dal 1° gennaio 1983 fino alla fine.Premesso questo, non si intende sottacere che questa pronuncia della Corte di giustizia, statuendo in modo diverso rispetto al precedente orientamento, abbastanza consolidato a livello nazionale, determini ora un aspettativa da parte di un numero particolarmente rilevante di interessati e, quindi, l'impatto degli effetti di questa pronuncia è difficile da valutare, sia in termini di risorse, sia perché riguarda fatti risalenti nel tempo che, quindi, non consentono una facile definizione della platea dei soggetti potenzialmente beneficiari. Questo non vuol dire assolutamente che questo Ministero si debba esentare dall'impegnarsi, assieme alle altre amministrazioni competenti, per promuovere ogni utile iniziativa per porre rimedio alla questione segnalata".In sede di replica, Daniela Sbrollini (IV) ha spiegato: "Sappiamo che sono centinaia di migliaia i medici che si trovano ancora in questa situazione. Come lei ha giustamente detto, siamo convinti anche noi che sia giusto riconoscere un contributo economico e un diritto a queste persone. Quindi, è necessario intervenire in maniera adeguata, proprio perché venga garantito questo diritto a tutti coloro che si ritrovano nella situazione delineata dalla Corte di giustizia, senza discriminazioni.In conclusione, credo che l'intervento della Corte di giustizia crei i presupposti giuridici per un nuovo orientamento delle Corti nazionali chiamate a pronunciarsi nelle cause proprio dovute alla mancata attuazione delle direttive europee in materia da parte dello Stato italiano. Quindi la ringrazio e mi ritengo soddisfatta; certamente continueremo a seguire insieme a lei questa situazione, che purtroppo si trascina avanti da troppi anni, e speriamo davvero di fare giustizia fino in fondo".
Da Q. Sanità