La Corte Penale Internazionale (CPI) ha formalmente richiesto di deferire l'Italia all'Assemblea degli Stati membri e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, accusando il governo Meloni di non aver ottemperato agli obblighi di collaborazione per l'arresto di Karim Almasri, sospettato di torture e crimini contro l'umanità.
La decisione, contenuta in un documento del procuratore capo Karim Khan ottenuto dl quotidiano Repubblica, segnala un grave scontro tra Roma e la giustizia internazionale, con possibili ripercussioni diplomatiche.
Secondo il procuratore Khan, l'Italia avrebbe violato gli impegni derivanti dallo Statuto di Roma, fondativo della CPI, non arrestando Almasri e consentendone il rimpatrio in Libia. Un atto che, secondo la Corte, avrebbe esposto "vittime, testimoni e le loro famiglie a un potenziale e grave rischio".
La richiesta di arresto, trasmessa il 18 gennaio attraverso l'ambasciata italiana – canale concordato dallo stesso governo – sarebbe stata ignorata dalle autorità competenti fino al 20 gennaio, data in cui il Ministero della Giustizia afferma di averla ricevuta.
Tuttavia, la CPI rigetta le giustificazioni italiane: "Anche ammettendo il ritardo nella lettura della comunicazione, ciò non assolve l'Italia dalle responsabilità", si legge nel rapporto. Secondo Khan, il mancato coordinamento interno tra ministero e tribunali non costituisce una difesa valida, bensì una prova dell'inosservanza degli obblighi di cooperazione.
Il governo italiano ha attribuito la scarcerazione di Almasri a un "difetto di interlocuzione" tra la Corte d'Appello di Roma e il Ministero della Giustizia. Il tribunale, infatti, avrebbe liberato l'imputato per mancanza di informazioni aggiornate. La CPI replica però che, anche accettando questa versione (giudicata "minoritaria" dagli accademici), il Ministero avrebbe dovuto inoltrare tempestivamente le richieste del procuratore alla Corte d'Appello, consentendo la riesecuzione delle misure cautelari. La mancata trasmissione equivarrebbe, secondo Khan, a una "violazione degli obblighi internazionali".
Inoltre, la CPI sottolinea come le autorità italiane non abbiano consultato la Corte per risolvere le criticità emerse: "Se lo avessero fatto, tutto sarebbe stato chiarito entro il 20 gennaio", afferma il documento. Un'occasione persa che ha reso inevitabile, secondo Khan, il deferimento all'ONU.
Il deferimento all'Assemblea degli Stati membri della CPI e al Consiglio di Sicurezza ONU rappresenta un atto senza precedenti per l'Italia, esposta a potenziali sanzioni diplomatiche o a un danno reputazionale. Sebbene il Consiglio di Sicurezza – dove l'Italia non ha diritto di veto – difficilmente adotterà misure drastiche, la questione solleva interrogativi sulla coerenza di Roma nel sostenere la giustizia internazionale, specie in casi sensibili come i crimini contro l'umanità.
Accademici e esperti di diritto internazionale, citati da Repubblica, sostengono che la posizione italiana appare "fragile" sotto il profilo giuridico, alimentando dubbi sulla priorità data alla cooperazione con la CPI. Intanto, la procura guidata da Khan chiede all'ONU di sollecitare un'immediata inversione di rotta, auspicando un dialogo per evitare futuri incidenti.
Il caso Almasri non è solo una disputa legale, ma un banco di prova per la credibilità internazionale dell'Italia... ormai già in parte più che compromessa.