Lunedì 16 dicembre, poco prima di mezzogiorno, la presidente del Senato Casellati ha elencato l'inammissibilità degli emendamenti estranei al contenuto del disegno di legge di bilancio. In base alla normativa vigente (articolo 21 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009), la decisione della Casellati è inappellabile. Tra gli emendamenti da lei non accolti vi erano anche i commi dal 791 al 795, "recanti disposizioni in materia di canapa".

Applausi commossi e grida di soddisfazione da parte, soprattutto, degli estremisti di destra-centro per tale decisione. I 5 Stelle che avevano presentato quei commi, invece, non hanno gradito, ricordando che l'emendamento non riguardava la droga, ma semplicemente gli agricoltori: "Sono 3.000 le piccole aziende italiane che non delocalizzano - il nostro clima per fortuna non si può delocalizzare - e quindi producono in Italia e danno lavoro a 12.000 persone", ha ricordato il senatore 5 Stelle Mantero. "L'applauso dei colleghi è stato fatto dunque in faccia a 12.000 famiglie che non avranno la certezza di poter continuare ad avere un reddito, perché non c'è la sicurezza di poter continuare a vendere ciò che stanno producendo".


Federcanapa, che tutela gli interessi dei coltivatori e dei primi trasformatori di canapa (cannabis sativa), in una nota, ha dichiarato: "Prendiamo atto della decisione della Presidente del Senato di dichiarare inammissibile l'emendamento in materia di canapa industriale.

Riteniamo che tale decisione sia fondata su ragioni prettamente politiche, dal momento che l'emendamento era assolutamente attinente alla materia del bilancio, rispondendo alle esigenze produttive e finanziarie di un intero comparto agro-industriale.

Ciò nonostante, Federcanapa ribadisce l'assoluta urgenza di chiarire alcuni aspetti della normativa vigente in materia di canapa industriale, un settore che risulta tuttora gravato dal caos delle interpretazioni difformi da caso a caso, le quali, talvolta, mettono in discussione anche gli aspetti pacifici della normativa, ossia la piena liceità della coltivazione di cannabis sativa finalizzata all'ottenimento dei prodotti elencati dalla legge n. 242/2016.

Ci auspichiamo che il governo voglia adoperarsi per risolvere tali problematiche, in ossequio alle raccomandazioni della XIII Commissione Agricoltura, provvedendo a chiarire ed esplicitare la piena liceità della filiera agro-industriale della canapa nei suoi aspetti critici: in primis il conferimento della biomassa contenente tutta la parte della pianta alle attività industriali e manifatturiere per l'ottenimento dei prodotti elencati dalla legge, nonché una indicazione certa e definitiva del limite di THC che tale biomassa debba rispettare.

Invitiamo, pertanto, TUTTE le componenti politiche dell'attuale maggioranza di governo a cooperare in maniera sinergica e strategica al fine di dotare – in tempi brevi – il settore di un atto legislativo che possa costituire la base di partenza – o meglio di ripartenza – del settore della canapa industriale".


Quindi, nel famoso cronoprogramma che l'attuale governo vuole mettere in atto fin da gennaio, potrà tranquillamente inserire, tra i progetti che riguardano economia e ambiente, anche un ddl relativo alla coltivazione della canapa che, da sempre, è stata una vera e propria risorsa per l'economia, per il suo basso costo, la facilità di coltivazione ed i moltissimi usi che il prodotto consente.


Ritornando al presente, però, i mitici lavoratori che sono sempre sulla bocca del populista per eccellenza, che pretende di essere unico interprete delle loro volontà e dei loro interessi (contro radical chic, professoroni e quant'altro), ieri non contavano più del due di briscola.

Ecco così che cosa ha detto Salvini, che lunedì incredibilmente era presente ai lavori, chiedendo di intervenire in Aula: "Signor Presidente, ci tengo a ringraziare tecnicamente il Presidente del Senato a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze che lavorano in tutta Italia e delle famiglie italiane per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore di droga previsto in una manovra economica di questo Paese. Quindi, la ringrazio.

E, se alcuni colleghi mettessero per l'agricoltura vera la passione che ci mettono per le canne, l'Italia sarebbe un Paese più sano. Buon lavoro a tutti e la ringrazio ancora, Presidente".

Insomma, una dichiarazione inutile, unicamente provocatoria, anche se, prima di tutto, dovrebbe essere definita palesemente insensata. Ma per Salvini, che da sempre contrabbanda la solita supposta verità alternativa che come sempre non c'entra nulla col tema trattato (in questo caso la cannabis light), l'importante era affermare la forza del divieto, il vero e unico programma di chi basa la sua azione politica sull'inventarsi nemici facili da sconfiggere, per dimostrare a chi vota quanto lui sia efficace a porre rimedio ai problemi.

I suoi elettori, o presunti tali, non hanno però la capacità intellettuale di capire che il divieto è il primo passo per la negazione dei diritti che il buon sovranista elargirà comunque, ma con parsimonia e oculatezza, come doni al popolo bue che, di conseguenza, si crede in dovere di ringraziare perché gli è stato concesso ciò che invece già gli spettava.

Una verità, talmente banale nella sua semplicità che la gente dovrebbe conoscere o capire, ma così non sembra e, pertanto, finisce pure per credere alle boutade di uno come Salvini che però, rimanendo in tema di cannabis, non riesce a spiegare perché un'ubriacatura a base di grappa sia consentita ed una a base di spinello invece no!

Se ci fosse un governo degno di questo nome, una risposta a Salvini e a quelli come lui dovrebbe esser data non solo fornendo norme certe per la coltivazione e la vendita di cannabis sativa, ma legalizzando la vendita di marijuana come avviene ad esempio in Canada, togliendo così alle varie mafie che operano in Italia una buona fetta dei loro enormi guadagni.