"Diffondere la lettera di un padre al figlio è vile, osceno e intimidatorio. Anche se si chiamano Tiziano e Matteo. È normale in un Paese civile? Domanda facile, valida anche per chi non condivide le idee di Renzi . Per me no, è una china pericolosa".

Questa è l'unica dichiarazione rilasciata da Italia Viva, riferibile alla deputata Maria Chiara Gadda, in merito alla lettera del 2017 scritta da Tiziano Renzi,depositata dalla procura di Firenze nel processo che vede imputati i genitori di Matteo per la bancarotta di alcune cooperative.  

Questo, invece, è il commento dei difensori di Tiziano Renzi: "Un uomo in difficoltà, che ‘vive nel terrore da un anno’, provato, indagato e perquisito, si sfoga in un file di insulti al figlio e agli amici più cari del figlio. Questo documento compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale. Ma viene ugualmente fatto circolare per tentare di alimentare sui media un processo che stenta in tribunale. L’ennesima conferma di un modus operandi degli inquirenti fiorentini che si commenta da solo e che in assenza di violazioni del codice penale si concentra sulle difficoltà di rapporto tra padre e figlio. Nel merito l’ennesima dimostrazione del fatto che Matteo Renzi non ha mai agevolato suo padre nelle sue attività professionali. Nel metodo l’ennesimo schiaffo alla civiltà giuridica, alla vita delle persone e alla privacy di una famiglia colpita da una pervicace campagna mediatica senza precedenti".

Ma al di là delle motivazioni e delle implicazioni giuridiche, il contenuto di ciò che Tiziano Renzi ha scritto sul proprio computer (non è ben chiaro se sia mai stato spedito e/o ricevuto e in che forma dal figlio) è interessante per capire l'ambiente della formazione personale/politica del senatore di Rignano.

Tiziano si lamenta con il figlio perché Matteo si mostra indispettito che il babbo possa sfruttare o stia sfruttando, anche se indirettamente, i suoi incarichi istituzionali per le proprie attività imprenditoriali:

"Riguardo il tuo auspicio che vada in pensione – scrive il padre al figlio – devo con forza affermare che in pensione, dopo una vita vissuta all’avventura, mi ci manda il buon Dio non te. ... Una volta mi hai detto con cattiveria che cercavo visibilità, ti sbagliavi io volevo lavorare e lottare per recuperare un’immagine realistica e vera che poteva e doveva servire a te non a me. Io non ho niente da chiedere alla vita di più di ciò che ho".

E Tiziano fa presente a Matteo chi siano realmente coloro che "hanno davvero lucrato senza ritegno di accoliti tuoi": Bianchi, Bonifazi e Boschi... i tre che lui definisce Banda Bassotti. Insieme a loro è citato anche un "ectoplasma" non meglio identificato. Si riferiva forse a Carrai,  da lui descritto "uomo falso", che "non si deve mai più far vedere da me"? 

Di interessante, inoltre, il fatto che Tiziano Renzi faccia intendere di voler recuperare quanto perso con le sue attività imprenditoriali - a causa delle beghe giudiziarie che lo hanno trasformato, come lui stesso scrive, in una specie di "re mida della mer.a, concimo tutti", per il fatto di aver coinvolto nelle inchieste amici, parenti e conoscenti - con richieste di danni per diffamazione, per cui ipotizza fino ad un milione di euro in risarcimenti, chiedendo però il via libera da parte del figlio Matteo.

Infine, da sottolineare, le indicazioni di natura politica che Tiziano dà al figlio in merito a come gestire il partito, ricorrendo a probi viri ed epurazioni per liberarsi di coloro che in quel momento lo stavano ostacolando. Questo è il maestro da cui l'allievo Matteo ha ricevuto gli insegnamenti per fare quella che lui chiama politica con la p maiuscola.