E' da ieri che se ne parla, a proposito e a sproposito.

Da quando è uscito il quotidiano "Il Resto del Carlino" che ha posto in prima pagina un titolo che definire infelice è ancora poco.

Protagoniste inconsapevoli, le atlete del tiro con l'arco, che per un soffio non sono arrivate sul podio e che - per chi ha assistito alla loro gara - hanno comunque regalato una forte emozione agli italiani che tifavano per loro.

Non ho nessuna intenzione di riportare qui il titolo incriminato, tanto penso che oramai sia di dominio più che pubblico; e non voglio pronunciarmi sulla decisione della rimozione immediata del direttore della testata, Giuseppe Tassi, che l'editore (Andrea Riffeser Monti) ha comunicato, con lettera di scuse alle dirette interessate ed alla direzione della loro federazione.

Non ho neppure voglia di commentare l'invasione mediatica, su Facebook, seguita all'accadimento: protestare è un sacrosanto diritto, soprattutto per chi si sente leso nella propria dignità.

Voglio invece soffermarmi su quanto riportano le agenzie di stampa e le testate on line, ovvero una mera e pedissequa elencazione degli accadimenti, sterile quanto lontana dalla verità.

I PERCHE' DI CUI NESSUNO PARLA

Non ho trovato da nessuna parte, purtroppo, una disamina degli accadimenti che facesse riferimento a due punti - a mio avviso - essenziali, che dominano il modo di fare informazione di oggi.

Nell'era del digitale, dove tutto scorre alla velocità di un nanosecondo, e dove la carta stampata patisce per un calo astronomico delle vendite...ecco, in questa era, il Dio che detta legge è nelle statistiche: di copie vendute, di click ottenuti (e con essi la sempre più diffusa quanto fastidiosa apertura delle pagine pubblicitarie, che si spalancano solo sfiorando un lembo del video, neppure ti accorgi di averlo fatto e sei su una nave da crociera oppure immerso nelle ultime offerte telefoniche....)

Quindi, a discapito di tutto e di tutti, il dictat di ogni testata è vendere, in copie o in click - a seconda della categoria di appartenenza - tutto il resto non conta.

Ecco allora che si va alla ricerca del classico specchietto per le allodole, il titolo acchiappa tutti, quello che costringe l'ipotetico (non tanto) lettore a soffermarsi, ad acquistare la copia o aprire il link.

Chi se ne frega se poi la notizia riportata ha tutto un altro tenore, se spesso il titolo è poco rappresentativo dei fatti narrati; se serve solo - appunto - come richiamo.

L'importante è vendere: e questo le redazioni lo sanno, molto bene.

Quindi, purtroppo, ragionando in quest'ottica, a volte capita di imbattersi in chi, pur di ottenere il risultato, non guarda in faccia a nessuno ed esce  - in modo discutibile - con uno "specchietto" che riflette anche troppo.

E mi domando che fine abbia quel modo di essere e di fare il giornalista che ha contraddistinto tante firme, negli anni 70 ed 80; quando un Montanelli, ad esempio, faceva cronaca di guerra parlando in prima persona, dando voce a chi voce non aveva, e raccontando con pathos e compenetrazione un fatto che era altro da lui.

E dove sono finite le finissime e acute osservazioni di un Biagi, che sapeva sempre come ricondurre una notizia ad un approfondimento.

Dov'è quell'informazione che non solo ci rendeva edotti su un fatto, ma ci costringeva ad attualizzarlo, ampliandone a dismisura la portata e facendolo di riflesso diventare non solo mera cronaca, ma spunto di discussione e crescita.

Purtroppo, oggi non si ha più voglia di leggere, tutto deve essere veloce, rapido, accattivante quel tanto per poter esplorare il pezzo, comunque sempre di poche righe; lo sanno bene gli editorialisti, purtroppo.

INSEGUIAMO MODELLI FATUI

Altra considerazione da fare è nella tipologia di articoli o di testate lette: nella carta stampata, non hanno mai avuto cedimenti (anzi proliferano con nuovi titoli) le testate di puro gossip.

Anche sul web, i click più elevati vanno a chi pubblica cosa accadrà da qui all'eternità nelle puntate de Il Segreto, o quale tronista ha fatto la comparsata in quella o quell'altra discoteca.

Un mondo patinato, dove si rincorre l'apparire, dove c'è bisogno di esistenza e non di essenza.

Che ha un suo perché e che - in ogni caso - una sua funzione "terapeutica", ma che non può e non deve assurgere al titolo di "Miss Notizia".

Siamo sempre noi, alla fine, che dettiamo le regole, come in ogni cosa.

Pretendere un'informazione vera, scevra da sovrastrutture culturali, libera da modelli fatui e dalle ingerenze della politica, che troppo spesso la indirizza per un proprio tornaconto.

Pretendere l'Informazione, quella con la I maiuscola: questo dovremmo fare.