Ma povero Staino! Da comunista era diventato renziano per testimoniare, con coerenza, la sua fedeltà al partito, nei vari passaggi e nei vari cambiamenti.

Una trasformazione non da poco che aveva visto il vignettista di Scandicci, che una volta si esaltava per la Cuba castrista, sposare con tenacia le tesi ultraliberiste di Matteo Renzi.

Una tenacia ancor più viva, quella di Staino, dopo essere stato nominato direttore, seppure in tandem con Andrea Romano, alla conduzione del giornale cui aveva dedicato molte delle sue energie, l'Unità.

Esaltato dalla nomina, Staino aveva iniziato, dalle pagine del giornale organo ufficiale del Partito Democratico, a riprendere con ancor più vigore la campagna a supporto del partito, sia in rtelazione alle scelte politiche, sia in contrapposizione alle altre forze di opposizione, Movimento 5 Stelle in primis.

D'altronde, come ci racconta lo stesso Staino, lui si doveva occupare solo dei contenuti e non della situazione finanziaria del giornale. Nel suo ultimo incontro con Renzi, l'ex premier, infatti, lo aveva congedato dicendogli di non preoccuparsi, perché i soldi ci sono!

Ma Staino non doveva confidare sull'ottimismo di Renzi, di cui oramai gli italiani hanno ottima consapevolezza e qualche dubbio avrebbe dovuto farselo venire. Per questo, sarebbe stato meno sorpreso e meno scioccato dalle ultime decisioni della proprietà che gestisce l'iniziativa editoriale de l'Unità.

Dopo le vicissitudini che ne avevano portato alla chiusura, l'Unità era ritornata in edicola e su Internet grazie all'investimento di un'azienda che si occupa di costruzioni, il gruppo Pessina che ne detiene la proprietà con l'80% di quote, mentre il 20% appartiene al PD.

Per proseguire l'attività del giornale, che altrimenti a partire dal primo febbraio andrebbe in liquidazione, l'assemblea dei giornalisti de l'Unità ha reso gli ultimi sviluppi e le decisioni che devono essere prese.

"Il socio di minoranza, il PD, ha proposto una ricapitalizzazione dell’azienda di 5 milioni di euro, 1 milione il PD e 4 milioni la Pessina, socio di maggioranza. Quest’ultimo ha dichiarato la propria disponibilità a ricapitalizzare a patto che il PD cedesse la golden share de l’Unità che appartiene totalmente al socio di minoranza, alla stessa Pessina. Tutto questo perché la Pessina imputa al PD una gestione deleteria dello stesso giornale causata soprattutto da uno straordinario assenteismo nei confronti della presenza del giornale nel partito, nella società e nel territorio. In effetti, come ben sappiamo, anche se storicamente il padrone è sempre e comunque una carogna e quindi anche in questo caso la Pessina non può dichiarare la sua totale innocenza nella crisi gestionale ed economica de l’Unità, è ben vero che il problema principale rimane un problema politico."

E questa dichiarazione, molto grave nei confronti del Partito Democratico da parte dei giornalisti de l'Unità è stata riassunta anche nella lettera che già alcuni giorni fa Sergio Staino aveva inviato a Matteo Renzi perché si adoperasse in concreto a risolverne le problematiche editoriali.

Ma dopo aver atteso invano una risposta che non gli è ancora arrivata, Staino ha deciso di rendere pubblica la lettera, con l'aggiunta di questa chiosa: «Io ti ho sempre apprezzato per quel tuo continuo ripetere "ci metto la faccia", è possibile che questo non valga per l’Unità?»

 

La lettera di Staino a Renzi

Caro Matteo,

ti scrivo perché credo di essere ormai giunto alla fine delle mie forze. Dopo tre mesi di esperienza alla direzione de l’Unità puoi bene immaginare dove sia finito tutto l’entusiasmo che avevo messo nel fare questo lavoro. Ero abbastanza impaurito perché immaginavo la quantità di problemi in cui mi sarei ritrovato anche se, devo dirti con sincerità, che mai immaginavo che la quantità fosse così enorme e pesante.
Difficoltà umane: parlare e trattare con il tesoriere del PD Bonifazi e con l’Amministratore Delegato Stefanelli, ti assicuro è esperienza che non augurerei a peggior nemico. Meglio assai con Massimo Pessina e Chicco Testa che sono persone se non altro trasparenti e razionali. Non parliamo dell’aspetto economico che mi immaginavo grave ma non tale da bloccare ogni pur minima iniziativa di rilancio del giornale. E poi il personale umano e l’isolamento del giornale. Questo è l’aspetto che mi addolora di più: mi sono reso conto che non c’è nessuno nel partito che sia interessato a questo foglio. Ho un bel rapporto con i compagni di base più vecchi, ho un buon rapporto con un po’ di giovani che si sono avvicinati, ho un buon rapporto con quel che resta dei “Giovani Turchi” e ho un buon rapporto di confronto con alcuni compagni a te non troppo vicini, da Macaluso a Reichlin, a Cancrini, a Cuperlo, Veltroni, Fassino e tanti altri, che lo seguono, lo commentano, mi aiutano. Ma tu e i tuoi? Zero.
Credo che anche tu sia fra quelli che neanche scorre la prima pagina del giornale eppure, quando mi hai congedato a Palazzo Chigi, hai urlato allegramente: “Voglio un giornale bello, di tante pagine e non preoccuparti per i soldi… quelli ci sono!” Chissà se te lo ricordi. Dirti quindi che sono profondamente deluso, e in prima fila deluso da te, è dir poco. Pensavo che il giornale ti servisse per ravvivare quella base che nel territorio si sta disperdendo nell’astensionismo o, peggio ancora, nel grillismo. Pensavo ti servisse uno strumento per ricucire queste forze, per rimetterle in circolo, per far sì che dalla base ti arrivasse quell’ondata di rinnovamento che caratterizzò la tua prima uscita, quella del rottamatore, e che ti avrebbe aiutato a riporre il partito alla centralità del nostro lavoro politico. Per questo ero pronto a fare molti sacrifici, ero pronto a fare un bellissimo giornale mantenendo il livello di spesa dell’attuale o addirittura riducendolo, riducendo il personale (che è un sacrificio politico terribile), riducendo il formato e puntando su un giornale piccolo, brutto e cattivo ma pieno di grande intelligenza e di cose che non si trovano negli altri giornali. Di cose che sono strumenti, conoscenza, elementi di lavoro per chi giorno per giorno nei territori e nelle amministrazioni e nelle aggregazioni culturali e sociali porta avanti il lavoro del partito. Purtroppo non è così. In nessun momento il partito ha dato un segnale nei confronti miei e del giornale. Speravo che tu mi avresti fatto parlare in piazza del Popolo, almeno due minuti per presentare il rilancio del giornale e dire che il giornale era al tuo fianco ed era lì in piazza a testimoniare la voglia di rinascita. Speravo che tu mi avresti presentato alla Leopolda come nuovo direttore da ascoltare e soprattutto aiutare in questo grosso lavoro. Al contrario, ai diffusori del nostro giornale non è stata neanche data l’autorizzazione per entrare alla Leopolda (nonostante fuori piovesse a diluvio). All’ultima assemblea nessuno ha accennato alla presenza del giornale e a un suo possibile ruolo nel rilancio del partito, al contrario, l’unica volta che è stata nominata l’Unità è stato perché un rappresentante della minoranza ci ha accusati di averli riempiti di vituperi ed offese. E poi adesso. La necessità di un incontro per sapere dove andiamo a finire rinviata di settimana in settimana, sempre cose più importanti de l’Unità, sempre cose più urgenti. E’ naturale che mi venga una gran voglia di togliere il disturbo. L’occasione è pronta: il 12 gennaio ci sarà un Consiglio di Amministrazione in cui si sanzionerà l’ennesimo fallimento e l’ennesima chiusura. Cosa ne guadagni questo lo sa solo Dio. Cosa ne guadagni tu, cosa ne guadagna il partito, cosa ne guadagna la sinistra e l’intera società.

Sergio