Le autorità  israeliane stanno manifestando sempre più crescente preoccupazione riguardo alla possibilità che la Corte Penale Internazionale emetta mandati di arresto nei confronti dei massimi rappresentanti istituzionali, a seguito del genocidio in atto a Gaza.

La Corte Penale Internazionale, tre anni fa, aveva avviato un'inchiesta su possibili crimini di guerra commessi da israeliani e palestinesi durante il conflitto tra Israele e Hamas del 2014. Dell'indagine facevano parte anche nuovi insediamenti israeliani costruiti nei Territori Occupati.

Nonostante la notizia di imminenti arresti sia ormai di pubblico dominio da giorni, la Corte Penale Internazionale si è finora rifiutata di commentarla, senza confermarla, ma senza neppure smentirla.

Il ministro degli Esteri Israel Katz ha affermato che qualsiasi mandato di questo tipo "fornirebbe una spinta morale" a Hamas e ad altre milizie palestinesi. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele "non accetterà mai alcun tentativo da parte della Corte Penale Internazionale di minare il suo diritto naturale all'autodifesa". Ha poi aggiunto che la minaccia di sequestrare soldati e funzionari dell'unica democrazia del Medio Oriente e dell'unico stato ebraico al mondo è oltraggiosa.

Quello che non è chiaro è che cosa abbia dato origine alle preoccupazioni israeliane, a partire da Netanyahu, che per prime hanno dato la notizia dei mandati di arresto.

Il procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, aveva dichiarato durante una visita in Medio Oriente a dicembre che indagini stavano andando avanti a ritmo sostenuto, con rigore, con determinazione e con insistenza "sul fatto che non agiamo sulla base delle emozioni ma su prove concrete".

Né Israele né Stati Uniti hanno accettato di riconoscere l'autorità della Corte Penale Internazionale, ma qualsiasi mandato di arresto emesso dalla CPI sarebbe valido ed eseguibile nelle oltre 100 nazioni che riconoscono, avendolo sottoscritto, lo Statuto di Roma.

Inoltre, nel caso in cui venissero emessi, sarebbero anche un definitivo suggello alle proteste messe in atto nei campus universitari, soprattutto statunitensi, contro il genocidio dei palestinesi.

Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha scritto oggi che se la CPI dovesse emettere mandati di arresto contro Netanyahu e altri membri del suo esecutivo per l'accusa di aver commesso crimini di guerra a Gaza, ciò rappresenterebbe un duro colpo per lo Stato di Israele e un terremoto per l'attuale governo:

"I 124 paesi che riconoscono l'autorità della Corte sarebbero obbligati ad arrestare il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Galant, il capo di stato maggiore dell'esercito Herzi Halevy e qualsiasi altra persona contro la quale fosse stato emesso un mandato, nel caso in cui costoro si trovassero sul loro territorio. ...

Ciò significa che la leadership israeliana non sarebbe più in grado di lasciare il Paese e di muoversi liberamente in molte altre nazioni, anche dopo aver rimesso il proprio mandato da qualsiasi incarico pubblico. ... 

Tel Aviv non solo non coopererà con la Corte Penale Internazionale e Israele non riconoscerà alcuna altra corte internazionale per giudicarla, ma potrebbe già aver avviato colloqui con il Procuratore Generale Karim Khan per convincerlo ad annullare i mandati, cercando di dimostrare  che non vi sia alcun riscontro alle accuse di crimini di guerra e di fame".

Ma se spetta al procuratore  Karim Khan decidere se chiedere o meno i mandati di arresto, a farlo in concreto sono i tre giudici del collegio che discute il caso: Luliya Mutuc della Romania, Socorro Liara del Messico e Rina Alafini Janso del Benin.

Dopo che Khan presenta una richiesta di arresto, deve fornire le prove che il tribunale dovrà poi valutare prima di prendere una decisione che, in ogni caso, deve essere motivata, e mediamente richiede circa un mese di tempo.

Secondo Bloomberg, gli Stati Uniti avrebbero fatto pressioni sulla CPI perché non emetta i mandati di arresto perché in tal caso Israele verrebbe meno all'accordo di cessate il fuoco in atto di definizione con Hamas... Non solo, secondo l'agenzia, tale "messaggio" sarebbe stato recapitato alla Corte dell'Aia dai Paesi membri del G7.