Gli hotspot, che da qualche tempo sono diventati così consueti nelle notizie che parlano di cronaca e politica, sono strutture nate per consentire l'identificazione e prendere le impronte digitali delle persone che arrivano senza documenti nei paesi di frontiera dell'Unione europea, come l'Italia. In base ad una valutazione, spesso sommaria e frettolosa, si procede, nei confronti di queste persone, all'avvio della procedura per la richiesta d'asilo oppure al ritorno nei paesi di origine.

In base alle direttive UE, i richiedenti asilo identificati nei paesi di frontiera come l'Italia, dovrebbero essere ricollocati in altri paesi dell'Unione. Le persone che, secondo i patti, avrebbero già dovuto essere ricollocate erano 40.000. Nei fatti, il numero reale è di 1.200! E questo, senza dimenticare che ogni anno in Italia arrivano tra le 150 e le 200.000 persone che, per la quasi totalità, devono essere soccorse nel Mar Mediterraneo.

La politica degli hotspot introdotta nel 2015 su iniziativa della Commissione Europea rende poco chiara la procedura di identificazione, almeno dal punto di vista dei migranti che sono poco o per nulla propensi a farsi prendere le impronte digitali dalle autorità del nostro paese, perché hanno timore di rimanervi confinati, in base agli accordi di Dublino, mentre la loro intenzione è quella di raggiungere altre nazioni dove vi abitano e li attendono familiari o congiunti.

Questa premessa per riportare la denuncia che ieri ha fatto Amnesty International accusando l'Unione Europea di aver chiesto all'Italia di usare la "mano dura" su migranti e rifugiati, con il risultato che, da parte della Polizia italiana, sarebbero state messe in atto pratiche di vera e propria tortura oltre ad espulsioni illegali.

Secondo Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull'Italia, il motivo risiederebbe nel fatto che "determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità. Il risultato è che persone traumatizzate, arrivate in Italia dopo esperienze di viaggio strazianti, vengono sottoposte a procedure viziate e in alcuni casi a gravi violenze da parte della polizia, così come a espulsioni illegali".

A stretto giro è arrivata la smentita del prefetto Gabrielli, attuale capo della Polizia: "Le informazioni di cui si avvale il rapporto di Amnesty International fanno riferimento a presunte testimonianze raccolte in forma anonima di migranti che non risiedevano in alcun hot spot.

Pertanto, a tutela dell'onorabilità e della professionalità dei tanti operatori di Polizia che con abnegazione e senso del dovere stanno affrontando da lungo tempo questa emergenza umanitaria, smentisco categoricamente che vengano utilizzati metodi violenti sui migranti, sia nella fase di identificazione che di rimpatrio".

A questo punto, non resta che riportare alcune delle "presunte" (secondo Gabrielli) testimonianze raccolte da Amnesty in 170 interviste a rifugiati e migranti.

Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario della regione sudanese del Darfur: "Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per prendere le impronte digitali]". 

Un uomo ha raccontato ad Amnesty International che a Catania gli agenti di polizia l'hanno picchiato e sottoposto a scariche elettriche, poi lo hanno fatto spogliare e hanno usato una pinza dotata di tre estremità: "Ero su una sedia di alluminio, con un'apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso".

Al di là della smentita del prefetto Gabrielli, va ricordato che Amnesty International ha "ripetutamente chiesto chiarimenti al ministro dell'Interno, proponendogli un confronto sulle preoccupazioni contenute in questo rapporto, ma finora non ha mai ricevuto risposta".