Dopo LAV, LNDC Animal Protection e WWF anche Enpa, Leidaa e Oipa, rappresentate dall'avvocato Valentina Stefutti, hanno impugnato dinanzi al Tar di Trento, chiedendone l'annullamento, il decreto provinciale n. 41 dello scorso 24 luglio con cui il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha ordinato di uccidere due lupi "a caso" nella zona della Malga Boldera. 

Accertamenti condotti sul posto dall'etologa Ivana Sandri hanno dimostrato che gli animali della Malga erano detenuti in condizioni simili più al pascolo brado che alla diligente custodia prescritta dalla normativa europea. Da tali accertamenti è altresì emerso che l'unica misura di prevenzione adottata dagli allevatori, citata nello stesso decreto Fugatti, era non solo insufficiente, ma inadatta allo scopo. Alcune zone della Malga sono infatti risultate del tutto prive di recinzione. 

«I soli recinti elettrificati possono non essere sufficienti a evitare gli eventi predatori», spiegano Enpa, Leidaa e Oipa. «In situazioni come per esempio il ricovero notturno degli animali più indifesi, la presenza del pastore o quanto meno dei cani da guardiania appositamente educati». 

Altro punto critico del decreto “ammazza-lupi” di Fugatti è quello relativo all'individuazione degli esemplari da uccidere. Infatti, leggendo il provvedimento, non si comprende né con quale criterio si debbano scegliere i “condannati morte” né quali effetti concreti avrà la loro uccisione sulla sopravvivenza e, di conseguenza, sulla conservazione del branco.

Dunque, l'obiettivo della Pat è solo quello di sparare nel mucchio, colpendo indiscriminatamente con l'intento di “dare una lezione” mortale. E certo che le attività di dissuasione, compiute con tempi e modalità corrette sui branchi di lupi, funzionano e portano addirittura alla cessazione delle predazioni nelle zone di riferimento. 

Secondo Enpa, Leidaa e Oipa, il decreto di Fugatti è anche paradossale e abnorme poiché, come segnala la stessa Provincia di Trento, nel 2022 gli eventi predatori sono risultati in calo, mentre gli indennizzi non hanno neanche raggiunto i 70 mila euro. Una somma del tutto incongruente con i toni apocalittici usati da qualcuno. 

«La normativa italiana e la Direttiva europea Habitat stabiliscono uno speciale regime di protezione del lupo, rispetto al quale sono ammesse deroghe del tutto eccezionali, a rigide condizioni e con valide motivazioni e finalità. Le quali» aggiungono le tre associazioni, «non ricorrono affatto nella situazione della Malga Boldera dove, per ammissione della stessa Pat, l'unico metodo di prevenzione, che aveva dato risultati soddisfacenti per più di quattro anni, ha perso la sua efficacia pochi mesi fa, senza che nessuno si preoccupasse di porvi rimedio. Evidentemente, qualcuno cercava solo un pretesto per armare i fucili».


Fonte: comunicato stampa Oipa