La questione dei rapporti fra vicinato ed i rumori molesti è oggetto di svariati articoli, commenti, pareri e/o consulenze da parte di professionisti del settore, avvocati, tecnici ed esperti.

Oltre alla tematica dei rumori prodotti dai vicini, in ambito privatistico, l’inquinamento acustico assume una dimensione complessa e globale, tanto che non mancano rilievi allarmanti da parte delle massime Autorità nel settore (esempio, Agenzia europea dell’ambiente) che evidenziano una preoccupazione costante anche per la sanità pubblica.

Sul piano dei rapporti fra vicini si insinua, poi, questo malessere diffuso fra le mura domestiche ed all’interno della nostra sfera più intima.

Il vicino può rappresentare un “ostacolo” al nostro benessere, ancor più evidente in un clima sociale come quello odierno ove virus e “quarantene” ci hanno portato a cambiare le nostre abitudini. 

Mai come oggi il godimento delle nostre case assume un aspetto fondamentale e primario, alla stregua di un “diritto fondamentale” per ciascuno individuo.

Tuttavia il godimento delle nostre case non è esente da turbamenti, limitazioni, condotte intollerabili realizzate dal vicino, non solo in contesti condominiali o in centri urbani ad alta densità demografica. 

La casistica assume varie sfumature, ma l’elemento in comune consiste nel pregiudizio subito per le proprie occupazioni ordinarie, spesso come conseguenza di gesti diretti a provocare “fastidio” e segno di inciviltà e di una patologia “sociale”.

Senza approfondire aspetti tecnici in materia di inquinamento acustico, dai requisiti in materia di edilizia agli strumenti di misurazione in materia di rumori, dobbiamo chiederci se le forme di tutela a disposizione del privato siano realmente sufficienti ed efficaci, in modo da prevenire, ridurre e/o eliminare i fattori che determinano la lesione del comfort abitativo e conseguentemente della nostra salute.

Infatti, la questione dei “rumori del vicino”, a seconda dei casi, è oggetto di numerosi studi con cui si conferma che l’esposizione costante ed imprevedibile a scuotimenti, propagazioni intollerabili, etc., e/o a forme di inquinamento acustico possano comportare dei danni alla salute. 

Il riferimento non può che essere all’art. 32 della Costituzione che proiettato nella sfera del privato rappresenta un fondamento inviolabile.

Se riflettiamo sul “benessere” connesso all’esigenza di poter godere pienamente del comfort che un’abitazione dovrebbe garantire e la sua lesione, che derivi non tanto da aspetti strutturali, requisiti acustici passivi, tecniche edilizie, etc., ma da comportamenti e condotte tenute dal/dai vicino/vicini e/o confinanti divenuti intollerabili, perpetrati con modalità simili al disegno progettato da uno “stalker”, quale è il giusto riconoscimento normativo?

Quanto il legislatore ha disciplinato con la previsione di cui all’art. 844 del Codice Civile, implica una tutela inibitoria quale azione diretta a impedire al “proprietario del fondo da cui provengono le immissioni il perpetuarsi delle stesse”, attraverso l'imposizione di un obbligo di cessare l'attività rumorosa o l'imposizione di misure adatte a ridurre la rumorosità stessa. 

Una lettura più ampia della questione, a fronte della notevole giurisprudenza prodotta in materia, non può soffermarsi sull’articolo citato, tenuto conto che il diritto all’abitazione assume una dimensione “multilivello” e trova la propria base giuridica in principi generali (fra cui gli artt. 2 e 3 della Costituzione) anche a livello ultra statuale.

Quando un cittadino o una famiglia lamenti una situazione pregiudizievole alla propria serenità domestica e denunci una forma di inquinamento acustico all’interno di un contesto privato, porre la soluzione mediante una via bonaria potrebbe non essere sufficiente.

Soprattutto quando delle regole di “normale” convivenza civile non siano rispettate e si assiste ad una azione di disturbo da parte del vicino, è necessario prestare più attenzione e consentire alla parte lesa di utilizzare degli strumenti, anche cautelari, più diretti e semplificati. 

Adire la via legale, qualora risulti necessaria, rappresenta uno strumento legittimo ma che non è possibile attivare per tutti, anche per ragioni economiche, considerato l’apporto di perizie tecniche e/o consulenze di esperti ed i conseguenti costi aggiuntivi.

Il disturbo provocato dai rumori molesti assume un contenuto anche pubblicistico: i rumori possano assumere la veste di una condotta penalmente rilevante, inteso come reato di disturbo della quiete pubblica che scatta quando un rumore, che non rispetta la soglia di tollerabilità, disturba la quiete di un numero indefinito di persone e non un singolo cittadino; ciò non vale quindi quando la lesione concerne un solo soggetto.

Il benessere derivante dal godimento della propria casa deve essere libero ed al pari di un diritto fondamentale ed inviolabile della persona, a cui l’ordinamento giuridico riconosce, mediante una lettura sistematica delle norme in materia, una tutela adeguata sulla base di un “diritto all’abitazione” da inserire nel quadro dei principi generali relativi alla persona ed alla famiglia.

Di “diritto all’abitazione” ne troviamo un riferimento esplicito a livello internazionale (rappresentato dalla CEDU) ed a livello europeo (rappresentato dalla Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia).

La Costituzione non contiene una previsione espressa di diritto all’abitazione, ma mediante la Corte costituzionale è possibile ricavare un “diritto sociale” che tuttavia ha lasciato al legislatore uno spazio “vuoto”, ovvero in assenza di una disciplina che garantisca un contenuto minimo al diritto sopra enunciato.

Ciò che in ambito europeo si riscontra è una lettura più sistematica del diritto alla casa, che si traduce nel diritto di un soggetto a disporre di un’abitazione dignitosa e idonea a soddisfare i propri bisogni individuali e famigliari. 

Pertanto, una tematica relativa al disturbo provocato dai rumori molesti, in ambito privato, non può che richiamare quei bisogni primari e la necessità di una tutela che non sia ristretta nelle maglie dell’articolo 844 c.c.

Chiaramente occorre individuare il pregiudizio lamentato e la situazione caso per caso, ma spesso il “ripristino di una situazione di normale tollerabilità” non percorre vie semplici, ma anzi rischia di rimanere sul piano dei tentativi senza soluzioni.

Un vicino che si lamenti dei rumori e/o molestie provenienti dalle abitazioni confinanti, spesso avanza pretese legittime a fronte di situazioni potenzialmente gravi, ove una tutela cautelare è necessaria anche sulla base dell’intervento di autorità pubbliche; anche in presenza di un solo soggetto danneggiato, in sostanza, possono cogliersi elementi tipici che vanno oltre la dimensione civilistica.

La norma dell’art. 659 del Codice penale prevede due ipotesi a seconda della fonte del rumore: nella generalità dei casi, per far scattare il reato è necessario che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo; mentre, quando il rumore provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi si presume la turbativa della pubblica tranquillità e l’intollerabilità del rumore.

Secondo la giurisprudenza, quindi, il reato di disturbo della quiete pubblica si integra solamente nel caso in cui i rumori abbiano una portata tale da raggiungere più vittime, non essendo sufficiente il disturbo arrecato solamente ad una. 

Analizzando pertanto il quadro normativo, in presenza di un solo soggetto danneggiato dal vicino, la tutela si sposta sul piano dell’azione civile finalizzata al risarcimento del danno e la cessazione delle turbative arrecate, ma con un onere probatorio complesso (esempio, misurazioni fonometriche, rilievi tecnici, testimonianze, sopralluoghi, etc.).

In conclusione la situazione della lesione del benessere abitativo in pregiudizio di un solo soggetto, sotto forma di illecito civile, potrà ben essere tutelata in via giudiziale ma sul piano normativo c’è bisogno di un riconoscimento più ampio, al pari di un diritto fondamentale di ogni individuo.

Soprattutto in tempi come questi ove la “casa” è diventata uno spazio necessario, anche per emergenze sanitarie, elevare il diritto all’abitazione fra le garanzie fondamentali a non subire rumori molesti, che superino la normale tollerabilità tenuto conto delle situazioni oggettive, è il risultato di una evoluzione normativa che tiene il passo di nuove esigenze sociali.