Uno spirito libero, arguto e coraggioso che con la sua cucina, basata sulla materia, l’essenzialità e l’eleganza ha rivoluzionato la tradizione diventando un esempio per i futuri cuochi.

Quelle sopra riportate sono le parole usate dalla Fondazione Gualtiero Marchesi per salutare "il cuoco, il Maestro e l’uomo di cultura" scomparso nel giorno di Santo Stefano ed annunciarne le esequie che si terranno venerdì 29 dicembre alle ore 11 nella Chiesa Santa Maria del Suffragio a Milano.

Per chi desiderasse portare un ultimo saluto a Gualtiero Marchesi, il Comune di Milano ha messo a disposizione il Teatro Dal Verme, in via S.Giovanni sul muro 2, a partire da giovedì 28 dicembre, dalle 10 alle 20, fino a venerdì 29 dicembre, dalle 9 alle 10.

I funerali religiosi si terranno alle 11 di venerdì, nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio.

Marchesi riposerà accanto alla moglie Antonietta Cassisa, scomparsa nel giugno di quest'anno, e ai suoi cari nel cimitero di San Zenone Po.


Con le seguenti frasi la Fondazione Marchesi ha voluto rappresentare la figura del proprio fondatore.

"Se è vero che il futuro dipende da ognuno di noi, allora il futuro è già.
L’unico modo per intravederne le mosse è di fare un passo indietro.
Nel caso della cucina, un passo indietro fino alle radici dei nostri sapori.

Guardarsi in casa, ricordare, perché un presente senza memoria è pericoloso.
Chi ricorda sa e allora può attualizzare un piatto, renderlo moderno senza tradirne lo spirito.
Non sopporto chi ingolfa le ricette con una quantità inverosimile di ingredienti, possibilmente molto cari.

È chiaro che, rispetto ai bisogni e ai gusti di cinquant’anni fa, andiamo verso una maggiore semplicità da cui dipende l’attrazione dei giovani verso le cucine orientali.
Naturalmente, c’è anche il rovescio della medaglia, quando si scivola dalla semplicità all’omologazione.
Per questo mi interessa conoscere cosa mangiano i giovanissimi, ripartendo da lì, da una diversità spesso negata.

Non esiste, a mio giudizio, una cucina alta o bassa, ma una cucina che, a qualsiasi livello, si divide salomonicamente in cucina buono o cattiva.
Anche un panino sa essere pessimo, oppure dirti qualcosa, al di là dell’immediato soddisfacimento della fame.

Qualche giorno fa, ho visto in via Madonnina, a Milano, una testa scolpita così essenziale che oltre non si poteva andare. Un esempio di purezza, dove non c’è più margine per modificare. Che bello!
Quando provi questa emozione significa che nella semplicità affiora anche una parte di invisibile.
Significa che il diversamente buono e il diversamente bello hanno, per un attimo, trovato la forma in cui esprimersi.
Per i cuochi, quelli veri, la materia è il fine e il mezzo della loro arte.
Nella materia è già suggerita la composizione.

Penso di essere un buon maestro, visto i risultati ottenuti dai miei discepoli.
Per insegnare non bisogna avere segreti e incontrare qualcuno che si ponga continuamente delle domande."