Sulle liste d’attesa il Ministro della Salute, Orazio Schillaci ha bacchettato alcune Regioni in risposta all'interrogazione presentata mercoledì alla Camera dall'onorevole Grimaldi in rappresentanza del gruppo Alleanza Verdi Sinistra:
"In un anno - ha dichiarato Grimaldi - a 19,6 milioni di italiani è stata negata almeno una prestazione dei livelli essenziali di assistenza. Su 100 tentativi di prenotazione, 28 hanno fatto poi ricorso al privato a causa delle liste di attesa interminabili.
Ministro, questi sono dati Censis e Agenas. Faccia così: faccia anche lei una telefonata da privato cittadino. In Piemonte, ad esempio, se si chiama per una colonscopia, si trova posto nel pubblico, a Chieri, nel 2025. Ecco, la pandemia ha accelerato tutto questo processo: meno 12,8 milioni di prime visite l’anno, che vuol dire meno ecografie, meno mammografie, meno elettrocardiogrammi.
Oggi, chi può, paga, gli altri attendono o rinunciano direttamente alle cure. Ecco, si potrebbe dire, Presidente: benvenuti nell’era dei solventi!
Con una carta di credito, la stessa visita fissata tra un anno può essere fatta domani. Oltre 4 milioni di persone rinunciano alle cure per motivi economici. Il diritto ad una salute pubblica e gratuita per tutte e tutti sta scomparendo, invece nessuno dovrebbe esserne privato. Ecco, anziché armarci fino ai denti, stanziamo le risorse sul sistema sanitario nazionale!"
Questo l’intervento integrale del Ministro della Salute:
"Ringrazio l'onorevole interrogante per avere posto l'attenzione sulla problematica concernente la riduzione delle liste d'attesa.Prima di entrare nel merito della questione, sintetizzo la strategia che sto avviando per riprendere e potenziare il sistema sanitario nazionale che ha un diretto impatto anche sulla riduzione delle liste d'attesa: valorizzare la professione medica, non solo a parole; assumere nuove risorse mediche infermieristiche; riorganizzare la medicina territoriale e, soprattutto, mettere una visione strutturale nel Servizio sanitario nazionale.La sanità che abbiamo trovato è ingolfata, non certo per il COVID, che ha solo mostrato le debolezze di un sistema disorganizzato e, spesso, lontano dall'articolo 32 della Carta costituzionale. Le lunghe attese e le rinunce dei cittadini sono il sintomo di un sistema che ha nelle sue cause la disorganizzazione ed è qui che interverremo.C'è una dicitura emblematica nel quesito al quale stiamo rispondendo: “d'intesa con le regioni”, da qui il nostro appello. Nel Milleproroghe abbiamo stanziato 380 milioni per tagliare le liste di attesa e lavoriamo ad una riforma del sistema. Fatemi dire che è inaccettabile che ci siano regioni che hanno già impegnato questi fondi e altre che restano invischiate in ritardi, lungaggini, giri di parole. Tutto ciò è inaccettabile.Nel merito, rappresento che il Ministero della Salute coordina l'Osservatorio nazionale sulle liste di attesa, con il compito di affiancare regioni e province autonome nell'implementazione del Piano nazionale di Governo delle liste di attesa, monitorare l'andamento degli interventi previsti, rilevare le criticità, fornire indicazioni per uniformare i comportamenti, superare le diseguaglianze, rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini.L'Osservatorio effettua sistematicamente i monitoraggi previsti, in particolare, sui tempi di attesa e sulle sospensioni delle attività di erogazione, segnalando criticità e supportando regioni e province autonome.Le problematiche relative ai tempi di attesa si sono acuite durante il periodo pandemico, rendendo molto più critico per i cittadini l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche. Presso la competente Direzione del Ministero della Salute è stato attivato un tavolo di monitoraggio che sta seguendo costantemente lo stato di avanzamento delle attività di recupero delle prestazioni non erogate. Le regioni sono state invitate a formulare e rimodulare specifici piani operativi di intervento.Sebbene non tutte le regioni, nel 2022, abbiano azzerato le liste di attesa, il finanziamento e il supporto tecnico del Ministero hanno permesso di recuperare prestazioni che, se non fossero state soddisfatte con gli strumenti straordinari adottati, si sarebbero sommate ai nuovi bisogni di prestazioni del periodo post-critico, rendendo definitivamente disfunzionale il sistema di offerta.Concluso il monitoraggio previsto, grazie alle disposizioni del decreto-legge 29 dicembre 2022, le regioni che non hanno ancora azzerato le liste di attesa potranno continuare ad avvalersi di specifiche misure di finanziamento per proseguire le attività di recupero e per intervenire ulteriormente. Per tale finalità il Ministero della Salute ha già invitato le regioni a condurre un aggiornamento delle liste di attesa, la cosiddetta pulizia delle liste di attesa, e ad implementare i processi di valutazione dell'appropriatezza prescrittiva, nell'ottica di proseguire le attività di affiancamento, supporto e monitoraggio.Un particolare sforzo promosso nella direzione di aumentare la capacità di offerta del sistema sanitario nazionale e consentire al cittadino un maggiore accesso alle prestazioni è rappresentato dalla “farmacia dei servizi”: un impianto normativo con il quale le farmacie territoriali garantiscono prestazioni di prevenzione, diagnosi e supporto. Sono, altresì, garantiti servizi e prestazioni in telemedicina.Rientrano, infine, tra gli impegni assunti con il vigente Piano nazionale di Governo delle liste di attesa, la definizione e l'applicazione, da parte delle regioni, dei percorsi di tutela, ossia l'attivazione di modalità alternative di accesso alle prestazioni nel caso in cui al cittadino non possa essere assicurata la prestazione entro i limiti previsti dalla regione".
Questa è stata la replica di Luana Zanella (AVS):
"Grazie, Presidente. Ministro, non ci siamo proprio, non ci siamo e siamo andati anche fuori tema, se mi consente. Il ricorso, sotto gli occhi di tutti, alla sanità privata è sempre più diffuso e questa è la conseguenza di un Servizio sanitario nazionale che sta per collassare. La causa prima è il sottoinvestimento a livello di bilancio, la scelta, quindi, di escludere dall'accesso alla sanità pubblica milioni di cittadini e cittadine. Se hai i soldi, puoi facilmente garantirti visite, esami ed interventi. La spesa privata dei cittadini e delle cittadine italiani per la sanità, infatti, è passata dal 34,85 miliardi di euro del 2019 ai 37 miliardi del 2020 e del 2021, il 6 per cento in più. Secondo l'Istat, 4 milioni di persone rinunciano a curarsi.
Nel 2020 e 2021, rispetto al 2019, è diminuito il numero delle prime visite, ma non di qualche centinaia di migliaia di unità, bensì di 12,8 milioni; 17,1 milioni di visite di controllo non ci sono state, così come 1,3 milioni di ecografie all'addome e poco più di mezzo milione di mammografie.
Alla faccia dell'articolo 32 della Costituzione, che lei ha citato e che io voglio recitare, nella prima parte: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, che, invece, guarda caso, non si possono curare. E pensare che si intende portare la spesa militare in Italia al 2 per cento del PIL, 38 miliardi, e noi invece, di contro, proponiamo di diminuire questo tipo di spesa e mettere queste risorse, Presidente, necessarie al sistema sanitario nazionale".