Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha aperto ieri i lavori della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio sul tema "Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro".

Mattarella lo ha fatto più che con un discorso con una vera e propria lectio magistralis su cosa si debba intendere per democrazia e come debba concretizzarsi o essere applicata, facendo riferimento alla Costituzione e a puntualissime considerazioni di costituzionalisti, filosofi e personalità varie: Alexis de Tocqueville, Giorgio Napolitano, Norberto Bobbio, Karl Popper, Giuseppe Dossetti, Egidio Tosato, Jean-Jacques Rousseau, Matteo Zuppi, papa Francesco, Ferruccio Pergolesi, Ugo Poletti, Alcide De Gasperi, Adriano Bernareggi, Lorenzo Milani...

Inutile commentare ciò che si può - si dovrebbe - leggere... tanto è chiaro quel che vi è scritto.

Si possono solo fare alcune brevissime considerazioni.

È evidente che quanto scritto è uno schiaffo in faccia a molti partiti, in particolare a quelli dell'attuale maggioranza, visto che la loro idea di governo è del tutto opposta a quanto riassunto da Mattarella, perché non soddisfa i primi due articoli della Carta costituzionale. Infatti l'attuale maggioranza crede che l'azione di governo sia supportata unicamente dalla sovranità popolare, dimenticando che questa deve essere esercitata nei limiti definiti dalla Costituzione e nel rispetto dei diritti di tutti, cosa che assolutamente non avviene.

A questo punto viene da chiedersi se non sia dovere di Mattarella farlo presente pubblicamente, invece, come ha fatto con questo discorso, di "dire a nuora perché suocera intenda". 

Tanto per fare un esempio, la legge sul premierato per come la vuole fare Meloni è un assurdo e per come è stata pensata è dichiaratamente anti-costituzionale. La riforma dovrà concretizzarsi con una legge elettorale che oltre a permettere l'elezione diretta del premier dovrà assegnare anche un premio di maggioranza che consenta di governare al partito o alla coalizione di cui il premier è rappresentante. La Corte costituzionale ha già bocciato una riforma elettorale che assegnava un premio di maggioranza che poteva potenzialmente essere abnorme rispetto ai voti espressi dagli elettori e con la sua riforma Meloni non potrà che riproporre ciò che la Consulta ha già bocciato. È evidente che in questo modo viene meno il dettato della rappresentatività parlamentare: 

"Democrazie imperfette vulnerano le libertà: ove si manifesta una partecipazione elettorale modesta. Oppure ove il principio “un uomo-un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori".

Mattarella già sapeva al tempo che la prima riforma elettorale di Renzi era anti-costituzionale, perché la Corte si era già espressa negativamente sulla possibile abnormità di un premio di maggioranza, ma la firmò comunque. E oggi sa benissimo che la riforma del premierato meloniano presenta gli stessi problemi. Nonostante ciò, Mattarella tace, salvo fare discorsi come quello di ieri senza però riferimenti precisi e che pertanto verranno ignorati.

Mattarella, in funzione di ciò, dovrebbe farsi un esame di coscienza chiedendosi se anche ignavia e ipocrisia non siano nemici della democrazia. Al presidente della Repubblica non compete fare leggi e non compete neppure fare il capo dell'opposizione. Dato, però, che è lui a dare il via libera alla presentazione e alla promulgazione delle leggi, se queste sono una palese violazione del dettato costituzionale, perché non dirlo invece di far finta di niente, salvo poi, in alcuni casi, auspicare il cambiamento di norme da lui approvate perché in contrasto con la Carta costituzionale?

E secondo Mattarella agire in tal modo equivarrebbe a servire una corretta applicazione della democrazia?