Enrico Letta, con la scusa di dare visibilità al genere femminile all'interno del Pd, aveva cercato di arginare sia il correntismo che la componente renziana nei gruppi parlamentari, ma con scarso successo. Al Senato, infatti, il renzianissimo Marcucci è stato sostituito con l'altrettanto renzianissima Malpezzi, mentre alla Camera, dove il capogruppo si deciderà martedì, la sfida è tra la renzianissima Marianna Madia (corrente Base riformista) con la renziana "annacquata" Debora Serracchiani (corrente Fianco a Fianco, la stessa di Graziano Delrio, capogruppo dimissionario).

La Madia, che al pari del suo mentore da Rignano, vede l'iperliberista Blair come il riferimento cui un partito socialista dovrebbe tendere, si crede in svantaggio rispetto alla collega e non l'ha presa bene, come lei stessa ha dichiarato in una lettera ai deputati dem:

“Care colleghe, cari colleghi, la verità rende liberi. E parlarci con chiarezza e trasparenza, senza bizantinismi, penso possa aiutare a riannodare il filo spezzato di una comunità democratica che è viva ed esigente con chi la rappresenta. Penso valga la pena insistere e provarci fino in fondo a cambiare in meglio il nostro partito. Abbiamo la fortuna di poterlo fare potendo contare su tantissime persone di grande valore.Vorrei agganciarmi a un punto di discussione del vademecum che il segretario Letta ha fatto distribuire nei circoli (volti e non maschere). Per questo vorrei raccontarvi come nasce la mia candidatura. Con Graziano Delrio, che ho sempre considerato persona di valore, ci legano anni di lavoro comune prima al Governo e poi in questa legislatura così complicata. È stato proprio lui, dopo aver accettato l’invito del nuovo segretario a fare un passo indietro, a chiedermi di mettermi in gioco con la mia candidatura insieme a quella della mia amica stimata Debora Serracchiani. Sceglieva una via diversa da quella presa al Senato dove il capogruppo uscente Marcucci ha invitato senatrici e senatori a sottoscrivere unitariamente la candidatura di Simona Malpezzi. Alla Camera, dunque, si è presa un’altra strada. Senonché quello che poteva essere un confronto sano tra persone che si stimano si è subito trasformato in altro. Immediatamente si è ripiombati nel tradizionale gioco di accordi trasversali più o meno espliciti con il capogruppo uscente, da arbitro di una competizione da lui proposta, che si è fatto attivo promotore di una delle due candidate, trasformando ai miei occhi il confronto libero e trasparente che aveva indetto in una cooptazione mascherata. Sarebbe assolutamente legittimo farlo alla luce del sole. Debora è una persona autorevole. Ma, ripeto, di cooptazione mascherata si tratta. Questa distanza tra forma e sostanza non è sana: non far seguire a ciò che diciamo il nostro comportamento penso sia una delle cause del perché non riusciamo più a esprimere la vocazione espansiva del nostro partito.Non posso negare il dispiacere umano per quello che si è verificato. Non è un problema solo di questo passaggio, ma più in generale di come si fa politica: grazie al segretario Enrico Letta ne discutiamo proprio in questi giorni nei circoli, dove i militanti si stanno confrontando con grande vitalità, sperando che il loro contributo non sia vanificato da una mancanza di radicalità nei comportamenti della classe dirigente. Aggiungo per concludere che la strada da fare è ancora lunga, anche rispetto al rapporto tra donne e potere. Quando il partito democratico ha espresso una delegazione di soli uomini al governo ho subito detto che per me non si trattava né di un tema legato alla quantità di posti né tantomeno alla necessità di costituire una corrente di sole donne. Il tema è solo e unicamente di leadership femminile. E la leadership non la si ottiene con un incarico, né tantomeno predicandola o pretendendola. Io penso che oggi la leadership femminile non possa dissociarsi dal combattere in ogni istante per colmare il vuoto democratico che ipocrisie e verità sottratte alla discussione stanno scavando verso, se non ci ribelliamo, un punto di non ritorno. La strada è ancora assai lunga, ma anche la determinazione per percorrerla. Comunque vada, sarà bello. Siamo persone libere. E da qui inizia una storia diversa”.

Naturalmente, i diretti interessati, Delrio e Serracchiani, non ci stanno, con quest'ultima che le ha risposto così:

“Per quanto a malincuore, non posso evitare di esprimermi sulla lettera che ci ha inviato Marianna, almeno per la parte che mi tocca e coinvolge personalmente. Mi obbliga a farlo la considerazione che si deve a una collega di riconosciuto valore che ha ricoperto incarichi di Governo, e la circostanza attuale che ci vede entrambe candidate alla presidenza del nostro gruppo. Una situazione che vivo con assoluta serenità e in totale trasparenza, onorata anzi di competere con una collega come Marianna.Tralascio tutte le condivisibili considerazioni sul lavoro difficile che ci attende per cambiare e rendere sempre più competitivo il nostro partito, e sull’impegno di cui saremo gravati per portare alla Camera le forti istanze espresse dal segretario Letta. Un’opera davvero di anima e cacciavite: mi ci riconosco in pieno e sento mia questa attitudine operativa e la voglia di sperimentarmi in prima persona. L’ho sempre fatto. Anche a rischio di trovarmi in posizioni scomode o essere criticata: conosco anche questo. A maggior ragione non posso credere che Marianna intenda riferirsi a me come a una persona cooptabile e quindi, dovrei supporre, non autonoma. No, l’autonomia è stata la cifra della mia storia personale e politica, e anche quando sono stata accanto a qualcuno l’ho fatto lealmente, condividendo idee e mantenendo libertà di giudizio. Chi sa, me lo riconosce. E a questo mio piccolo patrimonio tengo molto, perché autenticità e schiettezza sono miei valori che porto in dote al mio partito e offro ai miei colleghi deputati. Quindi spero che, se mai ombre o equivoci possano aver sfiorato Marianna, siano subito dissipati. Confrontiamoci senza ipoteche e senza retropensieri, sapendo che ognuna rappresenta se stessa e che ogni collega del gruppo deciderà in piena libertà. Conosco i nostri colleghi, che ho visto lavorare in questi anni in aula e nelle commissioni, con passione e responsabilità, e sono certa che nessuno si farebbe imporre candidature calate dall’alto. E davvero, alla fine, saremo tutti più ricchi perché avremo fatto un passo avanti tutti assieme”.

Nessun commento da parte di Enrico Letta, ma è evidente che di strada ne deve ancora fare per normalizzare un partito che non sembra avere alcuna intenzione di correggere gli errori del passato.