Nell'udienza generale del 3 aprile, il cui tema è dedicato alla settimana santa, papa Francesco ha parlato nuovamente della guerra in Ucraina, ma soprattutto ha parlato di pace e di come la pace dovrebbe essere intesa, utilizzando a questo scopo il racconto del Grande Inquisitore ne I fratelli Karamazov, dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij.

"Ecco come Cristo porta la pace nel mondo: attraverso la mansuetudine e la mitezza, simboleggiate da quel puledro legato, su cui nessuno era salito. Nessuno, perché il modo di fare di Dio è diverso da quello del mondo. Gesù, infatti, appena prima di Pasqua, spiega ai discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Sono due modalità diverse: un modo come il mondo ci dà la pace e un modo come Dio ci dà la pace. Sono diversi.La pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre: lo sappiamo bene. La pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri. Cristo, infatti, ha preso su di sé il nostro male, il nostro peccato e la nostra morte. Ha preso su di sé tutto questo. Così ci ha liberati. Lui ha pagato per noi. La sua pace non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé. Questa pace mite e coraggiosa, però, è difficile da accogliere. Infatti, la folla che osannava Gesù è la stessa che dopo pochi giorni grida “Crocifiggilo” e, impaurita e delusa, non muove un dito per Lui.A questo proposito, è sempre attuale un grande racconto di Dostoevskij, la cosiddetta Leggenda del Grande Inquisitore. Si narra di Gesù che, dopo vari secoli, torna sulla Terra. Subito è accolto dalla folla festante, che lo riconosce e lo acclama. “Ah, sei tornato! Vieni, vieni con noi!”. Ma poi viene arrestato dall’Inquisitore, che rappresenta la logica mondana. Questi lo interroga e lo critica ferocemente. Il motivo finale del rimprovero è che Cristo, pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza. Avrebbe potuto stabilire la pace nel mondo, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto: ha rispettato la nostra libertà. «Tu – dice l’Inquisitore a Gesù –, accettando il mondo e la porpora dei Cesari, avresti fondato il regno universale e dato la pace universale» (I fratelli Karamazov); e con sentenza sferzante conclude: «Se c’è qualcuno che ha meritato più di tutti il nostro rogo, sei proprio Tu» (348). Ecco l’inganno che si ripete nella storia, la tentazione di una pace falsa, basata sul potere, che poi conduce all’odio e al tradimento di Dio e a tanta amarezza nell’anima.Alla fine, secondo questo relato, l’Inquisitore vorrebbe che Gesù «gli dicesse qualche cosa, magari anche qualche cosa di amaro, di terribile». Ma Cristo reagisce con un gesto dolce e concreto: «gli si avvicina in silenzio, e lo bacia dolcemente sulle vecchie labbra esangui» (352). La pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata: mai! Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, l’amore a ogni prossimo. È così che si porta la pace di Dio nel mondo. Ecco perché l’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo. Sempre la guerra è un’azione umana per portare all’idolatria del potere".



Crediti immagine: Sala stampa vaticana