Il Jcpoa, acronimo per Joint Comprehensive Plan of Action, è il Piano d'azione congiunto globale firmato a Vienna il 14 luglio 2015 dai ministri degli Esteri di Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea, ovvero l'accordo a seguito del quale l'Iran ha accettato di eliminare le proprie riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliare del 98% le riserve di uranio a basso arricchimento e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per tredici anni.

Secondo l'amministrazione Trump, tale accordo è da considerare sbagliato, perché sbilanciato, tanto da consentire al regime degli ayatollah di continuare nel proprio disegno di dotarsi dell'arma atomica.

Così, confermando quanto già in passato aveva fatto prevedere, martedì Donald Trump ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Gli Usa si ritirano dal Jcpoa e firmo un decreto per la reintroduzione di sanzioni economiche di più alto livello. Ogni nazione che aiuterà l’Iran nella sua ricerca dell’arma nucleare potrà essere duramente sanzionata dagli Usa».

In attesa di capire quali potranno essere le nuove sanzioni, anche perché dovrà essere il Congresso ad approvarle, si può già prevedere che l'ennesima controversa decisione di Trump segnerà nuove tensioni anche tra gli Usa e i suoi alleati storici.

Infatti, gli altri Paesi che hanno approvato il Jcpoa non hanno alcuna intenzione di venire meno al proprio impegno e dal punto di vista economico, potrebbero avere ripercussioni dalle decisioni di Trump, sia direttamente che indirettamente.

Infatti, gli investimenti iraniani erano ripresi già a partire dal 2015, con enorme beneficio delle ansimanti economie europee che hanno potuto approfittare di appalti miliardari per avviare in quel Paese nuove infrastrutture, legate all'estrazione del petrolio e non solo.

Gli iraniani, in futuro, saranno in grado di onorare i loro impegni con le nuove sanzioni imposte da Washington e quali potrbbero essere le ritorsioni di Trump nei confronti dei Paesi che tale accordo vorranno continuare a sostenere?

Ma non sono solo le questioni legate all'economia a preoccupare. La scelta di Trump, dopo la conferenza che Netanyahu ha tenuto per dimostrare - a suo dire - che Teheran avesse mentito e che continuava a sviluppare un proprio programma nucleare, fa ritenere che da parte di Usa e Israele si sia preparata una commedia per giustificare un attacco militare all'Iran.

Martedì sera due ore dopo l'annuncio di Trump, secondo quanto ha riportato l'agenzia di stampa siriana SANA, Israele avrebbe sferrato un attacco a sud di Damasco contro delle installazioni militari, uccidendo 8 iraniani. Il governo di Tel Aviv non ha confermato il proprio coinvolgimento, ma il quotidiano Haaretz lo dà per certo. Lo stesso quotidiano dichiara poi che l'IDF ha fatto sapere di aver identificato "attività irregolari" di forze iraniane in Siria, mobilitando pertanto i riservisti e dando ordine di preparare rifugi nel nord del Paese.

La presenza di forze iraniane in Siria è mal digerita da Israele, tanto che ieri Netanyahu ha dichiarato: «Da mesi, Teheran sta trasferendo armi letali alle sue forze in Siria con l'obiettivo di colpire Israele. Noi risponderemo con forza a ogni attacco sul nostro territorio».

E della situazione in Siria, il premier israeliano ne ha parlato con Putin questo mercoledì, in un viaggio a Mosca.

Infine, da non dimenticare che un eventuale intervento militare in Iran verrebbe visto più che di buon occhio dall'Arabia Saudita, per motivi legati alle diatribe religiose che dividono sunniti e sciiti.