L'Ispra, ovvero l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nato nel 2008 dalla necessità di razionalizzare la spesa pubblica accorpando tra loro l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), ha pubblicato un rapporto sui pesticidi presenti nelle acque italiane basato sui dati raccolti nel biennio 2013-2014.

Con queste parole viene riassunto il contenuto del comunicato stampa che introduce il rapporto dell'Ispra: "Pesticidi nelle acque, cresce percentuale di punti contaminati: +20% nelle acque superficiali, +10% in quelle sotterranee. Rinvenute 224 sostanze diverse, indice di maggiori controlli. Nelle acque superficiali, il glifosate tra le sostanze che superano più spesso i limiti."

Il numero di campioni analizzati nel biennio 2013-2014 è pari a 29.220 con un incremento sensibile rispetto al biennio precedente. Il numero delle sostanze è stato di 224 rispetto alle 175 del periodo precedente, in seguito ad una maggiore accuratezza nelle indagini.

Tra le sostanze maggiormente rilevate sono da segnalare gli erbicidi che  essendo utilizzati direttamente sul terreno penetrano più facilmente nelle falde anche grazie alle piogge. In aumento anche l'uso di fungicidi e insetticidi.


Le acque superficiali ospitano pesticidi nel 63,9% dei 1.284 punti di monitoraggio controllati (nel 2012 la percentuale era 56,9); nelle acque sotterranee, sono  risultati  contaminati  il  31,7% dei 2.463 punti (31%  nel 2012). Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della contaminazione, maggiore  nelle  acque  di superficie, ma elevata anche in quelle sotterranee, con  pesticidi presenti anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco permeabili.

Per quanto riguarda la collocazione di tali dati sul territorio, la contaminazione è più ampia nella pianura padano-veneta, anche se va considerato che in quell'area si concentra quasi il 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete nazionale, con una conseguiente maggiore efficacia nei rilevamenti.

In alcune regioni la contaminazione  è  molto  più diffusa del dato nazionale,  arrivando a interessare oltre il 70% dei punti delle acque superficiali in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, con punte del 90% in Toscana e del 95% in Umbria.
Nelle acque sotterranee la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia con il 50% dei punti, in Friuli con il 68,6%, in Sicilia con il 76%.

Rispetto al passato, nelle acque sono state trovate, in singoli campioni, un numero di sostanze diverse tale da far ritenere l'uso di miscele le cui conseguenze sull'ambiente sono tutte da verificare. Quello che è certo è che la tossicità di una miscela è sempre più alta di quella dei singoli componenti.

Nonostante che nel 2014 si sia registrato un calo del 12% rispetto al 2001 nella vendita dei pesticidi, l'analisi dell'ultimo biennio evidenzia un'aumento della contaminazione sia delel acque in superficie che di quelle nel sottosuolo. Ciò dipende sia dai rilevamenti che si sono allargati anche in aree del centro-sud non coperte in precedenza, sia a causa della persistenza delle sostanze e delle dinamiche idrologiche spesso molto  lente, specialmente nelle acque sotterranee, che possono determinare un accumulo di inquinanti, e un difficile 
ripristino delle condizioni naturali.

Il rapporto è diviso in due parti. Una parte è relativa ai dati a livello nazionale, mentre l'altra riassume i dati a livello regionale.