L'export di armamenti dell'Italia nel 2024 si conferma come un settore in piena espansione, trainato da un clima globale di riarmo che favorisce la domanda. In un contesto in cui la trasparenza è sempre più in bilico – con la possibilità che la modifica della Legge 185/90 comprometta in futuro l'accesso a dati cruciali – si delinea un quadro che non lascia spazio a mezze misure.
Nel corso del 2024, il Governo ha approvato licenze per la vendita di armi all'estero pari a quasi 8 miliardi di euro, con un incremento netto di 1,4 miliardi rispetto all'anno precedente. Le autorizzazioni individuali, utilizzate per la vendita di sistemi d'arma specifici a singoli Paesi, sono cresciute del 35%, spingendo il valore complessivo delle licenze ad un +25% rispetto al 2023 e ad un incredibile +57% rispetto al 2022.
Questi numeri sono indicativi non solo della vitalità del settore, ma anche di come l'industria militare italiana stia capitalizzando sulle spese militari in costante aumento a livello globale. Nonostante alcune flessioni – come quella delle licenze globali per co-produzioni e quelle di intermediazione che hanno subito alti e bassi negli ultimi anni – la tendenza è inesorabile.
Il trend allarmante non si limita solo ai numeri. Le esportazioni si stanno orientando sempre più verso Paesi considerati autoritari o con evidenti violazioni dei diritti umani, oltre a entrare nel canale degli affari con Stati esterni all'alleanza UE/NATO. Di fatto, solo il 44,1% delle esportazioni si concentra sui Paesi NATO, mentre il restante 55,9% è destinato a mercati extra alleanze, contraddicendo gli orientamenti che dovrebbero privilegiare la cooperazione con partner strategici e affidabili.
La situazione si complica ulteriormente se si considera che, mentre il 2024 ha visto un'apertura trasparente grazie alla Relazione annuale redatta con cura, la discussione in Parlamento sulla modifica della Legge 185/90 potrebbe segnare la fine di questo livello di trasparenza. Un provvedimento che, secondo le reti di opposizione come Pace Disarmo, rischierebbe di lasciare dettagli fondamentali, come il supporto degli istituti di credito nell'operatività dell'export militare.
Appena tre istituti bancari (Unicredit, Deutsche Bank e IntesaSanpaolo) hanno gestito il 68,7% delle transazioni per introiti riferibili ad esportazioni definitive nel 2024. Un dato sostanzialmente stabile rispetto al 69% registrato nel 2023. Questa distribuzione evidenzia come pochi soggetti bancari dominino un settore strategico e sensibile. Ancora più marcata è la concentrazione nel comparto di finanziamenti e garanzie, dove i tre istituti di credito hanno negoziato l’83,8% dell’ammontare complessivo concesso o rinnovato nel 2024.
Gli ultimi dati rivelano un'espansione geografica inquietante: il numero di Paesi destinatari passa da 82-83 a ben 90 Stati nel solo 2024. L'Indonesia, oggi in pole position grazie a una licenza da oltre un miliardo per nuove navi prodotte da Fincantieri, rappresenta un nuovo trend. Anche la Nigeria spicca al terzo posto, evidenziando il marchio inquietante degli orientamenti verso mercati non conformi agli standard europei in termini di diritti umani e trasparenza politica.
Paesi storicamente "sicuri", come Francia, Regno Unito e Germania, restano tra i maggiori destinatari, ma si nota una flessione delle esportazioni verso l'Ucraina, che scende in classifica. Anche le dinamiche con Israele sono degne di nota: pur non essendo state concesse nuove autorizzazioni per via dell'attuale contesto geopolitico e delle azioni a Gaza, permangono evidenti interazioni consolidate attraverso operazioni passate e scambi di materiali.
Un ulteriore aspetto critico è il dominio del mercato da parte delle prime 15 società esportatrici, che concentrano ben il 89% del valore totale delle autorizzazioni. Leonardo SpA e FINCANTIERI SpA, rispettivamente con il 27,67% e il 22,62% del mercato, sono solo due esempi di come pochi attori dettino le regole del gioco in un settore sempre più redditizio. Questa concentrazione di potere economico solleva interrogativi circa la reale gestione dei profitti e il controllo sull'export in un contesto di libertà di mercato che sembra dare la meglio sulla responsabilità etica.
Il 2024 segna un anno di cifre record e di espansione incontrastata nell'export militare italiano, ma anche di scelte politiche e commerciali che mettono in discussione la coerenza e l'integrità del sistema. Mentre le aziende del settore godono di un mercato in crescita, il rischio di una diminuzione della trasparenza, insieme a una propensione a favorire mercati controversi, fa presagire un futuro in cui la bilancia fra profitto e responsabilità etica potrebbe inclinarsi pericolosamente a sfavore della prima. Se le modifiche legislative in discussione saranno approvate, il 2025 potrebbe segnare la fine di una relazione annuale che, fino ad ora, ha permesso di mettere a nudo le dinamiche nascoste del commercio internazionale di armi italiane.
È ora di fare chiarezza e di opporsi a ciò che molti definiscono "favori ai mercanti di armi": un appello necessario per ristabilire un controllo rigoroso in un settore dove il denaro sembra aver preso il sopravvento sui valori democratici e sui diritti umani.