La prima ricaduta del voto degli iscritti al Movimento 5 Stelle per indicare ai loro senatori la linea da tenere sul caso Diciotti sarà sui componenti pentastellati della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari che si riunisce questo martedì alle 13:30 e, per l'appunto, dovrà decidere sulla domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell'interno.

Sull'argomento, si sono espressi ieri 52.417 iscritti al Movimento 5 Stelle. Circa il 60% di costoro, secondo il riassunto del voto dato dal capo politico Luigi Di Maio, ha valutato che c'era un interesse pubblico nella vicenda Diciotti e che era necessario ricordare all'Europa che c'è un principio di solidarietà da rispettare... e per questo Salvini non deve essere rinviato a giudizio.

Sulla base della decisione di circa 31mila persone, i senatori 5 Stelle eletti da milioni di italiani dovrebbero quindi vincolare il loro voto alla decisione di poche migliaia di persone. Per quale motivo? Questa non è certo democrazia diretta, visto che il voto riguarda solo un numero limitato di persone che non hanno certo contribuito da sole ad eleggere tutti i senatori 5 Stelle.

Pertanto, quale diritto hanno gli iscritti ai 5 Stelle di impedire ad un senatore di votare diversamente dato che gli elettori che li hanno votati sono sicuramente molti di più e potrebbero pensarla in tutt'altro modo? Questo aspetto della vicenda che è stato sbandierato come esempio di democrazia diretta, come dimostra la semplice considerazione precedente, con la democrazia diretta non ha quindi nulla a che vedere.

Quello che è accaduto evidenzia invece l'ennesima debolezza della guida politica dei 5 Stelle, della sua mancanza di coraggio e dell'enorme confusione che la caratterizza. La decisione riguardo a come doversi esprimere nei confronti di Salvini spettava esclusivamente al gruppo parlamentare dei senatori che, dopo aver deciso una linea politica motivandola con argomentazioni logiche, avrebbero poi avuto tutto il diritto di sostenerla.

E forse era questo il vero problema di Di Maio. I senatori eletti, in base alla logica, alla legge e alle regole che i 5 Stelle si sono dati non avrebbero votato come Di Maio desiderava: cioè a favore della non giudicabilità per Salvini. Per questo, ci si è affidati alla votazione on-line, manipolando il quesito, promuovendo con argomentazioni farlocche il no al processo per Salvini e tutto senza che vi sia alcuna garanzia che il risultato del voto sia effettivamente veritiero.

Morale di tutto questo? Che i 5 Stelle continuano a percorre la scivolosa via del voler far credere che l'ottone che loro offrono al popolo sia in realtà oro. Lo hanno fatto con il reddito di cittadinanza che nulla ha a che fare con il vero reddito di cittadinanza, e lo hanno fatto ieri con questa pagliacciata del voto su Salvini, spacciato per democrazia diretta ma che con la democrazia diretta vera non ha però nulla a che vedere.

Per quanto ancora dovremo assistere a questo teatro?