Alla vigilia della giornata della memoria, un ramo del Parlamento polacco ha votato una legge che vieta di associare il nome della Polonia ai crimini compiuti dai nazisti in quel Paese. Nel caso in cui la legge venga approvata anche al Senato e poi convalidata dal presidente Andrzej Duda, frasi come "campi di sterminio polacchi" saranno punibili fino a tre anni di reclusione.

Perché questa legge? Perché la Polonia vuole negare in tal modo qualsiasi responsabilità per le atrocità commesse dai nazisti sul suo territorio.

Prima della seconda guerra mondiale, la Polonia ospitava la più grande comunità ebraica d'Europa con circa 3,2 milioni di persone. La Germania nazista attaccò e occupò la Polonia nel 1939 ed in seguito vi costruì numerosi campi di sterminio, tra cui quelli di Auschwitz e Treblinka, dove vennero uccisi gran parte degli ebrei che vivevano nel Paese.

"Auschwitz-Birkenau non è un nome polacco e la scritta Arbeit Macht Frei (il lavoro rende liberi) posta all'ingresso dei campi di sterminio non è una frase polacca, ha ricordato il premier polacco Mateusz Morawiecki in un post su Twitter.

E dato che la Polonia è stata in passato più volte presentata come alleata di Hitler, l'attuale governo ha ritenuto necessario proteggerne la reputazione, considerando che nel conflitto perirono circa 3 milioni di cittadini polacchi non ebrei e che la capitale Varsavia fu rasa al suolo nel 1944, dopo una rivolta in cui morirono 200.000 civili.

Ma Israele è di parere contrario ed il premier Netanyahu ha dichiarato che non accetterà "in nessun caso" alcun tentativo di riscrivere la storia, mentre il ministero degli Esteri di Tel Aviv ha inoltrato una protesta ufficiale all'incaricato d'affari polacco - l'ambasciatore era all'estero - con la richiesta che il disegno di legge venga abbandonato.

Secondo il centro di commemorazione dell'Olocausto, lo Yad Vashem, l'espressione "campi di sterminio polacchi" non è corretta, ma il disegno di legge sarebbe comunque "suscettibile di offuscare le verità storiche sull'assistenza che i tedeschi ricevettero dalla popolazione polacca".

A supporto della tesi, il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha pubblicato numerose testimonianze di sopravvissuti all'olocausto in cui si ricorda che i polacchi hanno rifiutato loro aiuto o li hanno consegnati alle autorità tedesche, come quella dell'81enne Esther Lieber: "C'erano brave persone polacche ... ma c'erano anche polacchi che erano molto crudeli. Quando sono venuti a circondarci e ci hanno messi nel ghetto, nostro padre ci ha detto di scappare. Eravamo molto spaventati e fuggimmo nel bosco. I polacchi ci lanciarono contro delle pietre, mentre ci maledivano."

Lo Yad Vashem ha anche dichiarato che oltre 30.000 ebrei polacchi, circa l'uno per cento di tutti gli ebrei presenti al tempo in quella nazione, furono salvati con l'aiuto dei polacchi e più di 6.700 polacchi, il maggior numero di soccorritori appartenenti ad un solo Paese, sono stati onorati come "Giusti tra le nazioni".