Venerdì Matteo Renzi ha pensato bene di "rifarsi il trucco" riconoscendo, seppur vagamente, come sbagliata la gestione da lui fatta del problema migranti:
«Non abbiamo sottovalutato la questione immigrazione - ha scritto tra l'altro in una lettera a Repubblica - l'abbiamo sopravvalutata, quando nel funesto 2017 abbiamo considerato qualche decina di barche che arrivava in un Paese di 60 milioni di abitanti, una "minaccia alla democrazia" (citando un'incauta frase dell'allora ministro dell'Interno Minniti).Il crollo nei sondaggi del Pd comincia quando si esaspera il tema arrivi dal Mediterraneo e allo stesso tempo si discute lo Ius soli senza avere il coraggio di mettere la fiducia come avevamo fatto sulle Unioni civili. Geometrica dimostrazione d'impotenza: allarmismo sugli sbarchi, mancanza di coraggio sui valori. Il successo di Salvini inizia lì».
In risposta alle parole di Renzi, quelle di Carlo Calenda all'AGI: «Eravano tre, io da rappresentante permanente dell'Italia all'Unione Europea, Paolo Gentiloni da ministro degli Esteri e Matteo Renzi da presidente del Consiglio, quelli che presentammo in Europa il piano sui migranti che fu poi implementato da Marco Minniti.
Era una linea condivisa da tutti e tre, ma quel piano fu solo parzialmente implementato dall'Unione Europea. Vennero stanziati 2,5 miliardi per l'Africa che, in quella situazione, rappresentavano una goccia nel mare. Tra i punti qualificanti di quella proposta c'era il supporto finanziario ai paesi di origine e transito dei migranti, come la Libia, per la gestione dei rimpatri.
Invece di polemizzare su un passato che ci ha visto lavorare tutti, sempre, nella stessa direzione con serietà e responsabilità - ha poi concluso Calenda - riprendiamo da dove abbiamo lasciato con il Migration compact. È la strada giusta. In UE mi batterò per questo».
Mentre Minniti non ha al momento ancora risposto alle parole di Renzi, è però intervenuto Matteo Orfini, allora presidente del PD, che ha colto la palla al balzo per assicurare che per lui «l'idea che l'immigrazione mettesse a rischio la democrazia era un'idea sbagliata. Lo dicemmo in pochissimi: io, l'allora ministro Orlando e pochi altri. Oggi sono felice che questa riflessione sia più condivisa anche da chi allora non lo disse»... Sarà!
Da riportare, infine, il memento dell'agenzia Dire che ricorda a Renzi che ancora nel febbraio 2018, in un appuntamento organizzato dal Pd a Firenze, l'allora ancora segretario del partito diceva tutt'altro, definendo «straordinario» il lavoro di Minniti e Gentiloni sui migranti.
«Non si può negare la realtà e cioè che se gli sbarchi sono venuti meno in questo periodo è perché c'è stata un'azione intelligente di contrasto. E non c'è contraddizione tra l'aver nel 2015 salvato tutte le vite possibili, cosa che io rivendico e di cui siam stati orgogliosi.Non c'è contraddizione tra l'aver salvato le persone che abbiamo salvato e il desiderio di non farle partire, perché il mare è il posto più pericoloso dove salvare le persone. Il modo migliore è di investire sull'Africa, fare accordi con quei paesi intervenire bloccando i criminali che giocano con gli schiavisti.Se oggi gli sbarchi sono quelli che sono, il Pd non ha alcuna remora a dire grazie al ministro dell'Interno e al governo per il lavoro straordinario che hanno fatto in questo settore».
In prima fila, ricorda Dire, ad applaudire c'era Marco Minniti. In fondo, a parte la forma, che cosa diceva allora Renzi di tanto diverso da quello che dice oggi Salvini? Nulla. Però, adesso, fa sapere - più o meno - di essersi sbagliato.
Ma allora, se ha sbagliato, perché oltre a chiedere scusa non cambia anche mestiere?