La CIA cambia posizione sulle origini del Covid: teoria della fuga dal laboratorio guadagna terreno, ma con "bassa fiducia"
A pochi giorni dall'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, la CIA ha rivisto la sua valutazione sulle origini della pandemia di Covid-19, indicando come "più probabile" l'ipotesi di una fuga del virus da un laboratorio cinese. Tuttavia, almeno per tentare di salvare la faccia, l'agenzia ha ammesso di avere uno "scarso grado di fiducia" nelle proprie conclusioni, riconoscendo che le prove rimangono incomplete e contraddittorie.
La svolta, annunciata sabato scorso, arriva dopo mesi di dibattito internazionale sull'origine del virus. Fino a poco tempo fa, la CIA sosteneva di non disporre di informazioni sufficienti per stabilire se il Sars-CoV-2 si fosse diffuso naturalmente da un animale all'uomo o fosse invece il risultato di un incidente di laboratorio a Wuhan. Il nuovo rapporto, però, declassificato su ordine di John Ratcliffe, direttore dell'agenzia nominato da Trump e insediatosi giovedì scorso, ribalta temporaneamente la posizione ufficiale, pur senza presentare nuovi elementi di intelligence rispetto alle indagini precedenti.
Nel documento, la CIA scrive che "la totalità delle prove" rende più plausibile uno scenario legato alla ricerca di laboratorio, ma precisa che entrambe le ipotesi – trasmissione naturale e incidente – rimangono "plausibili". La valutazione è stata accompagnata da un "basso grado di fiducia", termine tecnico che indica come le prove siano carenti, inconcludenti o contraddittorie.
La mossa ha immediatamente scatenato le critiche di Pechino. Un portavoce dell'ambasciata cinese negli Stati Uniti ha definito il rapporto "privo di credibilità" e motivato da "scelte politiche", sottolineando che le conclusioni dell'organizzazione mondiale della sanità (OMS) e degli esperti cinesi, dopo visite nei laboratori di Wuhan, avevano già escluso con forza l'ipotesi della fuga. "È estremamente improbabile che il virus sia sfuggito da un laboratorio", ha ribadito Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, richiamando lo studio congiunto OMS-Cina del 2021.
John Ratcliffe, intervenuto nel programma "Sunday Morning Futures" di Fox News, ha giustificato la pubblicazione del rapporto come un tentativo di "ripristinare la fiducia degli americani nelle nostre istituzioni"... affermazione che solo definire assurda finisce per essere un gentile eufemismo. Tuttavia, la decisione di declassificare una valutazione priva di nuove prove e con un basso livello di certezza ha sollevato interrogativi sulle motivazioni politiche dietro il timing dell'annuncio, arrivato a pochi giorni dall'insediamento dell'amministrazione Trump.
La questione delle origini del Covid-19 rimane uno dei temi più divisivi a livello globale. Se da un lato alcuni scienziati e governi, tra cui quello statunitense, continuano a chiedere indagini più trasparenti sulla Cina, dall'altro Pechino respinge ogni accusa, definendola una strumentalizzazione politica. La mancanza di dati conclusivi da parte della CIA, unita alla polarizzazione del dibattito, lascia il mistero irrisolto, alimentando teorie contrastanti e tensioni diplomatiche.
In attesa di ulteriori sviluppi, la comunità internazionale si trova a navigare in un mare di ipotesi, dove scienza, intelligence e geopolitica si intrecciano in modo sempre più intricato.