Il coronavirus si sta dimostrando un avversario ben più ostico, rispetto alle opposizioni politiche interne, per molti capi di Stato e premier in giro per il mondo. 

L'esempio più eclatante è costituito dagli Stati Uniti, ma significativo è anche ciò che sta accadendo in Israele. Netanyahu, finora, ha gestito il proprio incarico senza interessarsi minimamente degli altolà della comunità internazionale riguardo alla questione palestinese, mentre sul fronte interno ha potuto contare sull'appoggio incondizionato della maggioranza degli elettori israeliani, ultimamente ottenuta "arruolando" al proprio fianco anche parte del principale partito di opposizione!

Il coronavirus ha sparigliato le carte, soprattutto la seconda ondata che ha portato in Israele un aumento del contagio che è circa quattro volte superiore a quello registrato nella scorsa primavera, con il totale dei morti che ha superato i 400.

La crisi economica, iniziata in primavera, si è così acuita, tanto che domenica scorsa a Tel Aviv si è tenuta la seconda manifestazione di protesta contro Netanyahu e il suo governo, che adesso si trova stretto tra due fuochi, rappresentati uno dalla necessità di applicare nuovamente le misure di distanziamento sociale, l'altro di non sapere come affrontarne le conseguenze.

Ne è un perfetto esempio la rivolta dei ristoratori che, in risposta alle misure annunciate giovedì sera dal governo di Tel Aviv che imponevano la chiusura degli esercizi a partire da venerdì pomeriggio fino a domenica mattina limitando l'attività alle sole consegne a domicilio e al takeaway, hanno minacciato di tenere aperto ad oltranza, raccogliendo via social l'approvazione di migliaia di persone.

Che cosa è accaduto? Che il governo ha cambiato idea consentendo l'apertura fino a martedì per smaltire le scorte nelle dispense, ma non è escluso che martedì non riveda il provvedimento di chiusura.

Ma il problema maggiore è costituito dal turismo. Gli alberghi sempre strapieni per il pellegrinaggio religioso adesso sono stravuoti, sia nella zona ebraica che in quella palestinese. Ma anche la località balneare di Eilat, sul Mar Rosso, è in crisi.

Inoltre, ad aggravare i problemi per Netanyahu vi è anche il processo per tre casi di corruzione che lo vede protagonista principale, anche se entrerà nel vivo solo a partire dall'inizio del prossimo anno.

In ogni caso, vista la situazione attuale in Israele, l'annessione di parte della Cisgiordania da parte dello Stato ebraico non sembra più essere all'ordine del giorno.