"La Superlega per me non è un fallimento. La Superlega è un lavoro collettivo di 12 squadre, non di una sola persona. Dodici club hanno firmato un contratto di 120 pagine ed è ancora vincolante per 11 di quei club. Se guardiamo al mondo del calcio, ci sono stati progetti di tornei come questo da quando sono un teenager. L'anno scorso però è stata la prima volta in cui 12 club hanno fatto un comunicato congiunto, che rappresentava un profondo grido di allarme con l'obiettivo di creare un sistema sostenibile altrimenti saremmo finiti schiacciati. Il sistema non sostenibile però è rimasto e ora aspettiamo il giudizio della Corte di Giustizia UE che potrà definire se l'industria in cui operiamo è libera e trasparente, oppure se l'attuale regolatore è monopolistico e non ci dà struttura adeguata. Ho grande fiducia nel giudizio della Corte di Giustizia UE.Viviamo in industria che genera 25 miliardi di tasse, in cui lavora un milione di persone, è un catalizzatore di identità europea. Per me oggi il calcio europeo è in situazione disperata e ha bisogno di riforme. Non voglio rispondere a domande su Tebas, perché le sue parole lo qualificano. Sulla Superlega, poi, vorrei aggiungere due cose. Un mese prima del lancio del progetto, al Congresso Uefa, sul mio conto c'è stato un controllo per l'eleggibilità nel Comitato Esecutivo: nella verifica ho specificato che stavo studiando progetti alternativi al di fuori dal sistema Uefa e la risposta che ho ricevuto è che potevo essere confermato nel Comitato Esecutivo, quindi all'Uefa sapevano che stavo lavorando in quel senso. Inoltre, avevo ovviamente firmato un NDA con gli altri club, come è normale in operazioni di questo tipo: non potevo comunicare tutto, quindi, all'esterno.In tanti pensano che io abbia tradito la loro fiducia? Rappresento una famiglia che possiede la Juventus da 99 anni, quando incontro qualcuno per strada non mi dice nulla di ciò e anche qui dentro nessuno me l'ha fatto notare. Forse lo spagnolo che ha parlato prima [Tebas, ndr] pensa che io abbia tradito la sua fiducia, lui sì.Il progetto Superlega era stato lanciato e non era stato usato come una minaccia o come volontà di cercare un compromesso, come avvenuto in passato. Il compromesso non è più una scelta, servono riforme. La domanda che bisogna farsi è se il regolatore monopolistico può mandare avanti industria da 75 miliardi: io credo di no. Vogliamo avere la libertà di creare una competizione. Mi siederò e sosterrò una governance trasparente. Io aspetterò che il Consiglio di Giustizia Europeo ci dica se l'attuale organismo sia idoneo allo scopo. Se vedo la Juventus giocare in Champions League nei prossimi cinque anni? La vedo giocare nella principale competizione europea".
L'arrogante quanto surreale dichiarazione sopra riportata è stata rilasciata dal presidente della Juventus Andrea Agnelli nell'odierno intervento al Business of Football Summit organizzato dal Financial Times.
È lo stesso presidente la cui società è stata attenzionata dalla Consob per un possibile falso in bilancio che ha innescato un'indagine penale della Procura di Torino e una sportiva della Procura federale. È lo stesso presidente la cui gestione ha portato il suo club ad un passivo di oltre 200 milioni di euro, nonostante le plusvalenze, generate su carta, di calciatori illustri sconosciuti valutati decine di milioni di euro. Passivo ripianato grazie alla famiglia di cui fa parte, la cui fortuna è dovuta agli infiniti finanziamenti ricevuti dallo Stato italiano e ultimamente ripagati spostando la sede fiscale delle aziende fuori dall'Italia, così come gli stabilimenti per la produzione di auto. E per carità umana, ho tralasciato i ricatti della 'ndrangheta non denunciati per anni, durante la sua gestione.
E adesso vuole portare avanti un progetto bocciato non tanto dalla Uefa, ma da centinaia di milioni di tifosi in tutta Europa. Evidentemente, oltre a non avere il senso della misura, Andrea Agnelli non ha neppure il senso del ridicolo.