La prossima potrebbe essere la settimana chiave per l'approvazione della riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu con l'intento di mettere la magistratura sotto il controllo dell'esecutivo, ottenendo come risultato una rivolta di piazza che va avanti da mesi, con il rischio - paventato da esponenti di spicco della politica israeliana - che si possa addirittura arrivare ad una guerra civile.

Sabato, 12esima settimana di proteste, secondo gli organizzatori erano 600mila gli israeliani scesi in strada per dire no alla controriforma giudiziaria di Netanyahu, 200mila nella sola Tel Aviv a sfidare i cannoni ad acqua della polizia per liberare Kaplan Street, dove maggiore era la concentrazione dei manifestanti.

Mentre erano in corso le proteste, in tv il ministro della Difesa Yoav Gallant chiedeva alla propria coalizione di fermare l'approvazione della riforma almeno fin dopo la Pasqua ebraica per consentire approfondimenti e la possibilità di un'intesa con le opposizioni, aprendo a possibili modifiche.

Quella di Gallant - ex generale dell'IDF approdato nel Likud nel 2015, diventato poi ministro della qualunque nei precedenti governi Netanyahu - non è stata certo una dichiarazione di poco peso, anche se non è stata accompagnata dall'annuncio di un suo voto contrario alla Knesset.

"Vedo la fonte della nostra forza erodersi", ha dichiarato Gallant. "La crescente spaccatura nella nostra società sta penetrando nell'IDF e nelle agenzie di sicurezza. Ciò rappresenta una minaccia chiara, immediata e tangibile alla sicurezza dello Stato. Non offrirò il mio appoggio a tutto questo".

Nonostante queste parole siano state pronunciate da un esponente non di secondo piano sia del partito che del governo, non sembrano però aver fatto breccia né nel Likud, né nell'esecutivo, dove i rappresentanti dell'estrema destra sionista chiedono a Netanyahu di togliere a Gallant l'incarico di ministro.

Netanyahu riflette, mentre la piazza ha già annunciato nuove manifestazioni per la settimana a venire, che dovrebbe essere quella decisiva per l'approvazione definitiva della riforma.