Queste alcune delle dichiarazioni rilasciate da papa Francesco nella consueta conferenza stampa con i giornalisti al seguito durante il volo che dalla Mongolia lo ha riportato a Roma.

Cristina Cabrejas (EFE)
Lei ieri ha inviato un messaggio al popolo cinese e ai cattolici ha chiesto di essere buoni cittadini dopo che le autorità del Paese non hanno consentito ai vescovi di venire in Mongolia. Come sono i rapporti con la Cina in questo momento? E ci sono novità del viaggio a Pechino del cardinale Zuppi e della missione in Ucraina?

«La missione del cardinale Zuppi è una missione di pace che io ho assegnato. E lui ha fatto un piano che prevedeva di visitare Mosca, Kyiv, Stati Uniti e anche Pechino. il cardinale Zuppi è un uomo di grande dialogo e di visione universale, lui ha nella sua storia l’esperienza del lavoro fatto in Mozambico nella ricerca della pace e per questo ho inviato lui. I rapporti con la Cina sono molto rispettosi, molto rispettosi. Personalmente ho una grande ammirazione per il popolo cinese, i canali sono molto aperti, per la nomina dei vescovi c’è una commissione che da tempo lavora con il governo cinese e con il Vaticano, poi ci sono tanti o meglio ci sono alcuni preti cattolici o intellettuali cattolici che sono invitati spesso nelle università cinesi a tenere corsi. Credo che dobbiamo andare avanti nell’aspetto religioso per capirci di più e che i cittadini cinesi non pensino che la Chiesa non accetta la loro cultura e i loro valori e che la Chiesa dipenda di un’altra potenza straniera. Questa strada amichevole la sta facendo bene la commissione presieduta dal cardinale Parolin: stanno facendo un bel lavoro, anche da parte cinese, i rapporti sono in cammino. Io ho un grande rispetto per il popolo cinese».

Fausto Gasparroni (ANSA)
Santità, recentemente hanno fatto discutere le sue affermazioni ai giovani cattolici russi riguardanti la grande madre Russia, l’eredità di personaggi come Pietro il grande e Caterina II. Sono affermazioni che - diciamo - hanno molto irritato per esempio gli ucraini, hanno avuto conseguenze anche in ambito diplomatico e sono state un po’ viste come quasi un’esaltazione dell’imperialismo russo e una sorta di avallo anche alle politiche di Putin. Lei, volevo chiedere, perché ha sentito la necessità di fare queste affermazioni, se ha valutato l’opportunità di farle, se le ripeterebbe; e anche, per chiarezza, se può dirci che cosa pensa degli imperialismi e in particolare di quello russo?

«Mettiamo dove è stata fatta la cosa: un dialogo con i giovani russi. E alla fine del dialogo io ho dato un messaggio a loro, un messaggio che ripeto sempre: di farsi carico della loro eredità. Punto primo: prendete la vostra eredità. Lo stesso che dico dappertutto. E anche con questa visione io cerco di fare il dialogo tra nonni e nipoti: che i nipoti prendano l’eredità. Questo lo dico dappertutto e questo è stato il messaggio. Un secondo passo, per esplicitare l’eredità: ho detto infatti l’idea della grande Russia, perché l’eredità russa è molto buona, è molto bella. Pensa nel campo delle lettere, nel campo della musica, fino ad arrivare a un Dostoevskij che oggi ci parla di umanesimo maturo; si è fatta carico di questo umanesimo, che si è sviluppato, nell’arte e nella letteratura. Questo sarebbe un secondo piano, di quando io ho parlato dell’eredità, no? Il terzo, forse non è stato felice, ma parlando della grande Russia nel senso forse non tanto geografico, ma culturale, mi è venuto in mente quello che ci hanno insegnato nella scuola: Pietro I, Caterina II. Ed è venuto questo terzo (elemento, ndr), che forse non è proprio giusto. Non so. Che gli storici ci dicano. Ma è stata un’aggiunta che mi è venuta in mente perché l’avevo studiato a scuola. Quello che ho detto ai giovani russi è di farsi carico della propria eredità, di prendere la propria eredità, che vuol dire non comprarla altrove. Prendersi la propria eredità. E quale eredità ha dato la grande Russia: la cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto grande; e non va cancellata per problemi politici. Avete avuto anni bui in Russia, ma l’eredità sempre è rimasta così, alla mano. Poi lei parla dell’imperialismo. E io non pensavo all’imperialismo quando ho detto quello, ho parlato della cultura, e la trasmissione della cultura mai è imperiale, mai; è sempre dialogare, e parlavo di questo. È vero che ci sono degli imperialismi che vogliono imporre la loro ideologia. Mi fermo qui: quando la cultura viene distillata e trasformata in ideologia, questo è il veleno. Si usa la cultura, ma distillata in ideologia. Questo bisogna distinguere, quando è la cultura di un popolo e quando sono le ideologie che sorgono poi per qualche filosofo, qualche politico di quel popolo. E questo lo dico per tutti, anche per la Chiesa. Dentro la Chiesa tante volte si mettono le ideologie, che staccano la Chiesa dalla vita che viene dalla radice e va in su; staccano la Chiesa dall’influsso dello Spirito Santo. Un’ideologia è incapace di incarnarsi, è idea soltanto. Ma l’ideologia prende posto e si fa politica, di solito diventa dittatura, no? diviene incapacità di dialogo, di andare avanti con le culture. E gli imperialismi fanno questo. L’imperialismo sempre si consolida in base a un’ideologia. Dobbiamo distinguere anche nella Chiesa tra dottrina e ideologia: la vera dottrina mai è ideologica, mai; è radicata nel santo popolo fedele di Dio; invece l’ideologia è staccata dalla realtà, staccata dal popolo... Non so se ho risposto».


Robert Messner (DPA)

Buon giorno. Una domanda per quanto riguarda il suo aggiornamento della Laudato si’. Si può comprendere come una dimostrazione di solidarietà per gli attivisti a protezione dell’ambiente come “Ultima generazione”, questi che fanno proteste spettacolari? Magari c’è anche un messaggio in questo aggiornamento per gli attivisti giovani che vanno nelle strade?

«Un po’ in generale: non scendo su questi estremisti. Ma i giovani sono preoccupati. Uno scienziato italiano bravo - abbiamo fatto un incontro all’Accademia - ha fatto un bell’intervento e ha finito così: “Io non vorrei che la mia nipotina, che è nata ieri, entro trent’anni viva in un mondo così brutto”. I giovani pensano al futuro. E in questo senso mi piace che lottino bene. Ma quando c’entra l‘ideologia o c’entra una pressione politica o si usa per questo, non va. La mia Esortazione apostolica uscirà il giorno di San Francesco, 4 ottobre, ed è una revisione di cosa è successo dalla COP di Parigi, che è forse è stata la più fruttuosa, fino ad oggi. C’è qualche notizia su alcune COP e alcune cose che ancora non sono state risolte e c’è l’urgenza di risolverle. Non è così grande come la Laudato si’ ma è portare avanti la Laudato si’ nelle cose nuove, e anche un’analisi della situazione».


Etienne Loraillère (KTO Tv)
Lei desidera una Chiesa sinodale, in Mongolia e nel mondo. L’assemblea di ottobre è già il frutto del lavoro del popolo di Dio. Come si potrà coinvolgere i battezzati di tutto il mondo in questa tappa? Come si potrà evitare la polarizzazione ideologica? E i partecipanti potranno parlare e condividere pubblicamente ciò che staranno vivendo, per consentire di camminare con loro? O l’intero processo sarà segreto?

«Lei ha parlato di come evitare le pressioni ideologiche. Nel Sinodo non c’è posto per l’ideologia, è un’altra dinamica. Il Sinodo è il dialogo, fra i battezzati, fra i membri della Chiesa, sulla vita della Chiesa, sul dialogo col mondo, sui problemi che oggi toccano l’umanità. Ma quando si pensa (di intraprendere, ndr) una strada ideologica finisce il Sinodo. Nel Sinodo non c’è posto per l’ideologia, c’è posto per il dialogo. Confrontarsi, tra fratelli e sorelle, e confrontarsi con la dottrina della Chiesa. Andare avanti. Poi io voglio sottolineare che la sinodalità non è un’invenzione mia: è stato san Paolo VI. Quando è finito il Concilio Vaticano II si accorse che in Occidente la Chiesa aveva perso la dimensione sinodale; la Chiesa orientale ce l’ha. Per questo lui ha creato il Segretariato del Sinodo dei vescovi, che in questi sessant’anni ha portato avanti la riflessione in modo sinodale, con progressi continui, andare avanti.Quando è stato il cinquantesimo di questa decisione di san Paolo VI io ho firmato e pubblicato un documento su cosa è il Sinodo, su cosa si è andato avanti. E adesso è andato avanti, è maturato di più, e per questo ho pensato che era molto buono fare un Sinodo sulla sinodalità, che non è una moda, è una cosa vecchia, la Chiesa orientale ce l’ha da sempre. Ma come vivere la sinodalità? È viverla da cristiano. E, come ho detto prima, senza cadere nelle ideologie. Il processo dell’assemblea: c’è una cosa che noi dobbiamo custodire, il clima sinodale.Questo non è un programma televisivo dove si parla di tutto. No. C’è un momento religioso, c’è un momento di interscambio religioso. Pensi che nelle introduzioni sinodali parleranno tre-quattro minuti ognuno, tre (interventi, ndr) e poi ci saranno tre-quattro minuti di silenzio per la preghiera. Poi altri tre, e la preghiera. Senza questo spirito di preghiera non c’è sinodalità, è politica, c’è parlamentarismo. Il Sinodo non è un parlamento. Sul segreto: c’è un dipartimento presieduto dal dottor Ruffini, che è qui, e che farà i comunicati stampa sull’andamento del Sinodo. In un Sinodo bisogna custodire la religiosità e custodire la libertà delle persone che parlano. Per questo ci sarà una commissione, presieduta dal dottor Ruffini, che farà l’informazione sull’andamento del Sinodo».


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