Nelle acque a sud di Lampedusa, è operativo il pattugliatore Cassiopea della Marina Militare, cui è stato affidato il compito di trasferire i migranti nell'ambito del cosiddetto Piano-Albania, una strategia tuttora incomprensibile oltre che ingiustificata, voluta dal governo Meloni per gestire i flussi migratori. Dopo i precedenti tentativi di ottobre e novembre, che videro il coinvolgimento della nave Libra, questa volta l'esecutivo punta su una nuova normativa per garantire il successo del piano.

La differenza principale rispetto ai tentativi precedenti risiede nella recente riforma attuata con il D.L. 145/2024 e la legge di conversione n. 187/2024  in vigore dal 10 gennaio scorso, che  comprime il diritto di difesa dei richiedenti asilo, modificando significativamente il contesto giuridico, con implicazioni rilevanti per la tutela dei diritti fondamentali.

Mentre in passato le decisioni sui trattenimenti erano affidate ai magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Roma, ora saranno i giudici della Corte d'Appello a valutare i casi. Il governo confida in una maggiore severità nei confronti dei richiedenti asilo, sulla scia di una sentenza della Cassazione del dicembre scorso che, a dire dell'esecutivo, ne avrebbe riconosciuto il diritto di stabilire un regime differenziato per i migranti provenienti da Paesi designati come sicuri. In realtà non è affatto così, visto che la Cassazione ha solo fotografato quanto era accaduto fino a quel momento, aggiungendo che sulla questione si potrà esprimere con una sentenza definitiva solo la Corte di Giustizia europea a fine febbraio.

Il protocollo operativo prevede che le motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza intercettino le imbarcazioni di migranti in acque internazionali. I migranti idonei al trasferimento – maschi adulti, in buona salute, senza vulnerabilità e provenienti da Paesi sicuri – verranno trasbordati sulla nave Cassiopea, dove si svolgerà un primo screening sanitario e amministrativo.

Successivamente, il pattugliatore si recherà nel porto albanese di Shengjin, dove è stato allestito un hotspot sotto gestione italiana. Qui saranno effettuate le procedure di identificazione, mentre i richiedenti asilo saranno trasferiti nel vicino centro di Gjader, dove rimarranno in attesa dell'esito delle loro domande.

Il nuovo tentativo di trasferimento dei migranti in Albania si inserisce in una fase di ripresa degli sbarchi in Italia: nei primi 24 giorni del 2025 sono arrivati 1.742 migranti, un numero più alto rispetto ai 1.298 dello stesso periodo dell'anno precedente. Inoltre, non è neppure assurdo ipotizzare che la scelta del governo, prima di attendere il pronunciamento della Corte dell'Aia, sia stato dettato dal fatto che Meloni è in grave difficoltà a causa dei casi Santanchè, Almasri e cuneo fiscale, che prevede la decurtazione di oltre 1.000 euro l'anno a coloro che in 12 mesi non guadagnano neppure 10mila euro!

Quindi, il ritorno al piano Albania potrebbe essere interpretato come sabbia da gettare negli occhi di opposizione e opinione pubblica per distogliere l'attenzione da problemi che sono più che imbarazzanti per Meloni e su cui Meloni, come sua abitudine, evita di rispondere.

Qui si riporta una nota dell'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) a commento della vicenda:

La riforma attuata con il D.L. 145/2024 e legge di conversione n. 187/2024 presenta notevoli problemi interpretativi, ma la criticità più forte è indubbiamente rappresentata dalla fortissima compressione del diritto di difesa del richiedente asilo assoggettato a procedura accelerata o di frontiera e trattenuto in dipendenza di una delle molteplici (e sempre più estese) ipotesi di cui agli artt. 6, 6-bis, 6-ter d.lgs. 142/2015 e art. 10-ter d.lgs. n. 286/1998. Questione che si intreccia con l'approccio ulteriormente restrittivo e selettivo al diritto d'asilo, implementato nel segmento iniziale della procedura di protezione internazionale, confinato in luoghi sempre più separati e dal 2024 anche geograficamente lontani (Albania per i richiedenti asilo provenienti da Paese di origine sicura e salvati da navi italiane in acque internazionali, ai sensi della legge n. 14/2024). Luoghi nei quali avviene la limitazione assoluta della libertà personale, che dovrebbe godere delle garanzie di cui all'art. 13 Cost., ma nei quali il diritto di difesa è di difficile se non impossibile esercizio.La tempistica della convalida del trattenimento è di per sé tale da rendere difficile detto esercizio, ma è oggettivamente impossibile laddove il richiedente asilo trattenuto si trovi in Albania, a migliaia di km di distanza dalla comunità forense, oltre che dal giudice chiamato a decidere sulla convalida, ovverosia sul prolungamento del trattenimento.Questione che si intreccia anche con la nota contrapposizione del governo alla magistratura che, con riguardo alla convalida del trattenimento di richiedenti asilo provenienti da Paese di origine sicura, fa applicazione rigorosa della normativa europea. Contrapposizione che è alla base del trasferimento alla Corte d'appello della competenza in materia di convalida del trattenimento dei richiedenti asilo, con l'evidente intento di sottrarla ai giudici specializzati del Tribunale.E allora c'è da chiedersi se sia legittimo questo spostamento da un giudice specializzato a un giudice privo di specializzazione nella materia o se la nuova competenza della Corte d'appello non specializzata incida di per sé sulla tutela di diritti fondamentali quali la libertà personale e il diritto d'asilo.Infine, pare indubbia la irragionevole compressione del diritto di difesa del richiedente asilo trattenuto (art. 24 Cost.), a cui sono assegnati solo 5 gg. per ricorrere in Cassazione, qualora sia stato convalidato il suo trattenimento, tenuto conto che trattasi di persona detenuta in luoghi chiusi e, con riguardo al Protocollo Italia-Albania, posti al di fuori del territorio nazionale.

Il documento completo può essere scaricato a questo indirizzo:
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