"Primo rimpatrio dall'Albania di un cittadino straniero trattenuto nel Centro per il Rimpatrio di Gjader. Le operazioni di rimpatrio dei migranti irregolari proseguiranno anche nei prossimi giorni come previsto dalla strategia di Governo per una più efficace azione di contrasto all'immigrazione illegale".

Questo il post trionfalistico con cui il ministro dell'interno, Matteo Piantedosi, ha voluto far credere, non si sa bene a chi, che l'assurdità - l'ennesima del governo Meloni - di trasferire dei migranti in Albania abbia finalmente prodotto un qualche risultato.

Per la cronaca, questa è la sequenza di ciò che ha prodotto la volontà della signora Giorgia Meloni nel voler far funzionare (si fa per dire) ad ogni costo i centri di detenzione da lei realizzati in Albania...

Il cittadino straniero espulso, un bengalese, era trattenuto in un CPR in Italia. A causa della follia meloniana, una settimana fa è stato portato a Brindisi, ammanettato, messo su una nave militare e deportato in Albania. Poi è stato espulso... dall'Italia. Come? Dall'Albania è stato riportato in Italia e dall'Italia è stato messo su un volo che lo ha riportato nel suo Paese di origine.

E secondo voi, in tutto questo, vi è una logica, esclusa la tenacia nel voler dilapidare inutilmente risorse pubbliche per promuovere una propaganda anti-migranti non meno bislacca di chi l'ha ideata?

Ma c'è di più. La Corte d'appello di Roma non ha convalidato il trattenimento a Gjader (il centro di detenzione in Albania) di un cittadino del Marocco, poiché mancano i requisiti del protocollo. 

Dopo la richiesta di protezione internazionale - fa sapere il manifesto - serve una nuova udienza di convalida della detenzione e siccome riguarda un richiedente asilo la competenza passa dal giudice di pace alla Corte d'appello che - per tale motivo - ha stabilito l'assenza di requisiti per il trattenimento in Albania. L'uomo dovrà essere riportato in Italia e andrà anche liberato, difficile ci siano i tempi tecnici per un'altra udienza.

Dei primi 40 migranti trasferiti dal territorio nazionale l'11 aprile tre erano già stati rimandati indietro nei giorni scorsi: due per ragioni sanitarie e uno per il ricorso pendente al momento della deportazione. Un irregolare di origini algerine è stato invece spedito a Gjader l'altro ieri. Erano quindi in 38 nel centro alla decisione della Corte sul trentenne marocchino, difeso dagli avvocati Donato Pianoforte e Ginevra Maccarrone.

A fine marzo, per scavalcare lo stop dei giudici sul tema paesi sicuri, il governo ha modificato la legge di ratifica del protocollo estendendo l'uso dei centri agli irregolari. Per l'esecutivo l'ampliamento di funzioni è possibile senza toccare l'accordo con Tirana perché quel testo consente la permanenza in Albania "al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o rimpatrio": le prime per i richiedenti mai entrati in Italia, le seconde per gli "irregolari" destinatari di espulsione già sul territorio nazionale.

Ma se il migrante chiede asilo successivamente si crea un terzo caso che richiede, appunto, un'altra procedura. Sta qui il buco, l'errore di sistema. Il cittadino marocchino era alla prima richiesta, parzialmente diversa sarebbe una "domanda reiterata", presentata dopo uno o più dinieghi. Anche in questo caso, però, l'esame seguirebbe un iter accelerato ma non "di frontiera".

Il caso era prevedibile, già il 12 aprile il manifesto aveva scritto che ci sono varie strade per invocare quel controllo giurisdizionale che il governo vuole evitare a tutti i costi. Chiedere asilo era la seconda di tre. Potrebbe sembrare l'ennesimo cavillo giuridico, uno di quelli evocati dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi alla presentazione del decreto, ma succede esattamente il contrario. È l'esecutivo che, con la sponda della Commissione Ue, sta giocando sul filo di leggi nazionali, dettato costituzionale e normative europee per provare ad attuare un progetto che solleva numerose illegittimità dal punto di vista dei diritti fondamentali.

In primis il diritto alla libertà personale che non a caso i costituenti hanno messo al riparo dagli abusi dell'autorità con la doppia riserva, di legge e di giurisdizione, prevista dall'articolo 13 della Costituzione. La verità è che il progetto Albania è sempre più un test sui margini di arbitrio del potere esecutivo. Una dinamica preoccupante, soprattutto guardando a ciò che avviene negli Usa di Trump: non a caso sullo stesso terreno dell'immigrazione.


Fonte: il manifesto: ilmanifesto.it/chi-chiede-asilo-torna-in-italia-laccordo-con-tirana-e-carta-straccia