Il giornalismo italiano, lontano dall’essere un baluardo di imparzialità, è ormai un terreno di scontro dove ogni testata e ogni giornalista sono schierati, portando avanti gli interessi della propria parte. In un contesto mediatico che rispecchia la crescente polarizzazione politica del Paese, è evidente come le narrazioni vengano costruite in maniera ‘partigiana’, in base agli interessi e alle affiliazioni politiche di chi le diffonde. Tuttavia, in questo scenario, la sinistra sembra sentirsi ancora, in maniera del tutto autoreferenziale, al di sopra delle parti, invocando una presunta moralità che, nella pratica, spesso si rivela un alibi per difendere acriticamente i propri rappresentanti, anche quando questi commettono errori palesi.

Un esempio emblematico di questa dinamica è il recente caso che ha coinvolto Romano Prodi, ex presidente del Consiglio. Quando un politico di alto profilo come Prodi si rende protagonista di un comportamento inaccettabile nei confronti di una giornalista, la reazione della stampa non può e non deve essere neutra. In Italia, infatti, il trattamento riservato a certi personaggi politici è spesso influenzato da logiche di parte, con i media che, troppo spesso, assumono il ruolo di difensori di chi detiene il potere, minimizzando o giustificando le azioni di coloro che appartengono al loro stesso schieramento ideologico.

Nel caso di Prodi, la reazione della stampa è stata sorprendentemente blanda: le testate vicine alla sinistra, che dovrebbero incarnare valori di giustizia e imparzialità, hanno ignorato o minimizzato l’incidente, trattandolo come un episodio marginale. Nessuna condanna, nessuna riflessione sulle implicazioni politiche e morali del gesto. In un contesto mediatico che non esita a condannare aspramente i “nemici”, il silenzio su questo episodio è davvero clamoroso. Se fosse stato un politico di destra ad agire in questo modo, la reazione sarebbe stata ben diversa: si sarebbe parlato di violenza, misoginia, e perfino di fascismo. Ma nel caso di Prodi, il trattamento è stato completamente diverso, come se certi comportamenti fossero tollerabili quando a compierli sono “gli intoccabili” della sinistra.

Questo doppio standard mediatico è un chiaro sintomo di un giornalismo che non è mai super partes, ma si piega invece agli interessi di chi controlla le redazioni. Ogni errore dei politici di destra diventa l’occasione per una campagna mediatica senza precedenti, mentre comportamenti simili da parte degli esponenti della sinistra vengono giustificati o ignorati. La sinistra si dipinge come custode della moralità, ma è pronta a chiudere un occhio sui propri errori.

Questa pratica, che si fonda su un doppio standard e sull’ipocrisia dei due pesi e delle due misure, minaccia di indebolire ulteriormente la credibilità di un giornalismo già fragile, che perde la sua funzione di garante della verità in nome di un’appartenenza politica che non ammette eccezioni. La sinistra si ritiene al di sopra delle parti, ma in realtà si fa complice di un sistema che non è più in grado di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è conveniente.