Ancora una volta, la cosiddetta intellighenzia di sinistra dimostra la propria arroganza e supponenza, ergendosi a giudice supremo del pensiero altrui e distribuendo patenti di legittimità ideologica. Durante una recente puntata di “Dritto e Rovescio”, il conduttore Paolo Del Debbio ha messo in riga due esponenti di questo atteggiamento sprezzante: Luca Bottura e Massimo Giannini. Il tema del dibattito? L’uso dispregiativo del termine “retequattrismo” per squalificare un certo tipo di giornalismo non allineato alla narrazione dominante.
I “sinistri” si sentono sempre superiori, moralmente e culturalmente. Per loro, chiunque osi mettere in discussione la loro visione del mondo viene etichettato con termini infamanti come “fascista” o “populista”. Ma chi sono i veri fascisti? Chi impone un pensiero unico, chi pretende di ridicolizzare e zittire chiunque la pensi diversamente, chi usa il proprio potere mediatico per screditare chi non si piega alla loro agenda. Proprio loro, i sedicenti paladini della democrazia e del pluralismo.
Del Debbio, con la schiettezza che lo contraddistingue, ha risposto per le rime a Bottura e Giannini. Rivolgendosi al primo, ha respinto con fermezza l’uso del termine “retequattrismo”, dicendogli senza mezzi termini di lasciar perdere certe etichette inutili. E non meno incisiva è stata la risposta a Giannini, che aveva parlato di “sicari dell’informazione”, come se lui stesso fosse un guru del giornalismo in grado di dispensare giudizi insindacabili. La sua reazione è stata esemplare: “Ma andate a fare in c*lo”. Una frase forte? Sicuramente. Ma necessaria per ribadire un concetto chiave: la gente è stufa dell’arroganza di chi si crede depositario della verità assoluta.
La verità è che il giornalismo mainstream di sinistra, invece di accettare un dibattito aperto e pluralista, cerca di imporre una narrazione unica, disprezzando tutto ciò che non rientra nei propri schemi. La sinistra si riempie la bocca di parole come “tolleranza”, “inclusività” e “democrazia”, ma poi mostra il suo vero volto: quello di un’élite intellettuale distante dalla realtà, incapace di accettare il dissenso e pronta a denigrare chiunque osi sfidare il proprio dogmatismo.
La verità è che la gente non si lascia più ingannare. Il pubblico apprezza i giornalisti come Del Debbio proprio perché non si piegano ai diktat della sinistra salottiera, ma danno voce a chi non ha megafoni potenti per farsi sentire. Chi difende la libertà di espressione non ha paura di dire le cose come stanno. E chi si erge a giudice morale dovrebbe forse guardarsi allo specchio prima di puntare il dito sugli altri.
Per troppi anni la sinistra ha imposto la sua narrazione senza che nessuno osasse metterla in discussione. Ma i tempi sono cambiati. Il pubblico ha imparato a riconoscere la faziosità travestita da analisi obiettiva, il moralismo che cela una profonda intolleranza verso il dissenso. Del Debbio rappresenta una voce fuori dal coro, una delle poche che ancora sfida il dogma del politicamente corretto.
Il tentativo di delegittimare chi non si allinea non funziona più. Gli italiani sono stanchi di essere trattati come scolari da rieducare. Vogliono informazione libera, dibattito vero, pluralismo autentico. E questo è esattamente ciò che l’élite sinistrorsa non può tollerare: la perdita del suo potere culturale e mediatico.
La vicenda di Dritto e Rovescio è solo l’ennesima dimostrazione di come la sinistra continui a considerarsi la sola depositaria della verità e della moralità. Ma i tempi in cui bastava bollare qualcuno come “fascista” per metterlo a tacere sono finiti. Il pubblico ha aperto gli occhi, e sempre più persone si rendono conto dell’ipocrisia di certi personaggi. Del Debbio ha avuto il coraggio di dirlo apertamente. E per questo, ha tutta la nostra stima.