Urbano Cairo, presidente di Cairo Editore, amministratore delegato di RCS MediaGroup e patron del Torino, incarna un paradosso nel panorama mediatico italiano. Da un lato, guida un impero editoriale e televisivo che critica apertamente l'esecutivo e il centrodestra; dall'altro, beneficia di consistenti contributi pubblici. Una strategia imprenditoriale che, almeno in termini di ascolti, sembra funzionare: i talk show di La7, con il loro orientamento progressista, conquistano fette di pubblico rilevanti, mentre RCS (controllata al 60% da Cairo) e Cairo Editore hanno ricevuto dal governo, nel 2023, rispettivamente 13,3 milioni e 5,25 milioni di euro dal fondo straordinario per l'editoria.  Nonostante i finanziamenti, Cairo non nasconde l'ambizione di accedere anche alla quota del canone televisivo. A luglio 2022, durante la presentazione dei palinsesti, ha rivendicato: «Meriteremmo una quota di canone, perché La7 fa molto servizio pubblico». Una richiesta giustificata, a suo dire, dalla libertà concessa a giornalisti e conduttori, principio cardine della sua filosofia editoriale. «Ho sempre lasciato massima libertà, ricevendo lamentele da tutti i governi», ha precisato, rispondendo alle critiche della maggioranza su programmi come Piazza Pulita di Corrado Formigli.  Proprio Piazza Pulita è oggi al centro di polemiche. Nelle ultime settimane, la trasmissione ha avviato una campagna contro il deputato leghista Antonio Angelucci, editore e imprenditore nel settore sanitario, utilizzando materiale sospettato di provenire da dossieraggi illegali, oggetto di un'inchiesta della procura di Perugia. Il collegamento con il quotidiano Domani – i cui giornalisti, secondo le indagini, avrebbero ricevuto informazioni riservate da un finanziere della Dia – solleva interrogativi. Augusto Minzolini, sulle colonne de Il Giornale, ha evidenziato un possibile conflitto d'interessi: Domani è di proprietà di Carlo De Benedetti, azionista di Kos, società attiva nella sanità privata e concorrente del gruppo Angelucci. «Sarebbe credibile un'inchiesta de La Stampa (degli Agnelli) contro la Volkswagen?», si chiede Minzolini, sottolineando come il legame tra editore e contenuti giornalistici possa minarne l'autorevolezza.  Sul presunto sbilanciamento politico di La7 è intervenuto anche Vittorio Feltri, direttore editoriale de Il Giornale. A fine marzo, in un editoriale caustico, ha descritto il palinsesto del canale come un universo in cui «il pianeta gira sempre verso sinistra», con conduttori e ospiti prevalentemente progressisti. «Anche le critiche alla sinistra arrivano da sinistra», ha ironizzato, aggiungendo che gli esponenti del centrosinistra che osano apparire su Mediaset vengono «scomunicati dal coro di Gruber & C.». Un'analisi che Feltri conclude con un dato provocatorio: nonostante il rumore mediatico, il centrodestra ha guadagnato il 5% nei consensi.  

Quello appena riassunto è il contenuto di un articolo pubblicato da un tale di nome Massimo Malpica su un "coso" che pretende definirsi quotidiano di nome il Giornale.

Secondo lo sprovveduto che ha avuto il coraggio di scrivere delle boiate simili e il suo direttore che le ha pubblicate, per accedere ai finanziamenti pubblici stabiliti per legge una testata deve pubblicare solo ciò che non possa in alcun modo dispiacere al governo di turno, ai suoi amici e ai suoi sponsor. 

Solo a pensare una cosa del genere uno dovrebbe esser cacciato dall'ordine dei giornalisti a calci nel sedere... figuriamoci a scriverla!

Ma non è finita qui. La vicenda di cui il signor Malpica si lamenta, ma che non smentisce perché evidentemente i fatti riportati non possono essere smentiti (in base a ciò che la logica fa intendere), si riferisce a una clinica della famiglia Angelucci, il cui "impero" sanitario si basa su un modello di business che sfrutta i contratti con il Servizio Sanitario Nazionale. Come riporta il Domani, senza tali finanziamenti, l'intero sistema Angelucci sarebbe insostenibile.

La vicenda, anzi l'inchiesta di cui si sono occupati La7 e il Domani, riguarda la Clinica San Raffaele di Velletri aperta nel 1981.

"Oggi la struttura, inattiva da 14 anni, sarebbe al centro di un maxi scandalo finanziario - scrive La7 -. Cos’è successo? La famiglia Angelucci avrebbe venduto crediti sanitari per 45 milioni di euro a dei fondi. Ma c’è un problema: almeno una parte di quei crediti, dal valore di 11 milioni di euro, risulterebbe non esigibile a causa di irregolarità della clinica". 

Per aver parlato di una vicenda di interesse pubblico - ci mancherebbe che non lo fosse, visto che riguarda soldi pubblici e un parlamentare della maggioranza... per l'appunto Angelucci -, l'inchiesta ha finito anche per dimostrare al di là di ogni dubbio, l'uso strategico che Angelucci fa dell'editoria.

Infatti, il Giornale e le altre testate  che hanno attaccato La7 e il Domani, praticamente ricalcando le accuse sopra riassunte, sono di proprietà  della famiglia Angelucci che – nonostante le perdite – le tiene in vita per proteggere i propri interessi sanitari, supportando in toto il governo Meloni che, ovviamente, non potrà non avere un occhio di riguardo (maforse due) nei suoi confronti.

È il segreto di Pulcinella. Il segreto che bisogna non tanto rivelare, visto che è noto, ma neppure ricordare... altrimenti il Giornale, il Tempo e Libero faranno di voi carne da macello...

La cosa incredibile è che ci sono pure degli italiani che credono a quello che quelle testate pubblicano!