Noi di destra siamo abituati alle farneticazioni e alle menzogne targate mainstream, ma questa volta il quotidiano 'Domani', con la recensione fatta da Emanuele Felice del libro Io sono Giorgia (L’estremismo mascherato di Giorgia Meloni), ha superato ogni limite di decenza.

Il giornale di De Benedetti scrive a proposito di Giorgia Meloni che: "Leader estremisti di questa foggia in passato hanno arrecato danni irreparabili alla nostra Italia, all'Europa e all'umanità. Per come è messo il mondo oggi, possono fare altrettanto danno. Non vanno sottovalutati".

"La Meloni come Hitler e Mussolini, insomma. Un pericolo che deve essere fermato". Con queste dure parole il senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari ha risposto al’ editoriale del quotidiano Domani di oggi sul libro della leader di FdI Giorgia Meloni, il cui primo posto nei sondaggi evidentemente deve cominciare a dar fastidio a qualcuno. 

Al di là delle accuse di estremismo, che non fanno quasi più notizia, quello che stupisce e che forse dovrebbe un po’ preoccupare è la durezza e l'acredine delle parole del giornalista del quotidiano di De Benedetti, che ricordano alcuni durissimi editoriali, di anni fa, contro al tempo premier Silvio Berlusconi, quando il finanziere nato a Torino ma naturalizzato svizzero, era ancora l’editore della corazzata di Via Cristoforo Colombo “la Repubblica”.

Insomma, nulla di nuovo sotto il sole si potrebbe dire, ma forse in alcuni casi si rischia di passare il segno, e di travalicare dalla giusta ed anche doverosa critica politica, alla faziosità fine a se stessa e per certo versi pericolosa. Il politico da sempre deve affrontare il giudizio della gente per il suo operato, ma è indubbio che sia Berlusconi prima che Salvini oggi stiano pagando un carico eccessivo e spropositato di critiche, usando un eufemismo, per le loro azioni politiche. Per quanto attiene all’ex cavaliere, però, paradossalmente la sua forza politica si nutriva anche di questo. Silvio era vituperato ed odiato ma anche per questo riceveva parte dei consensi dalla cosiddetta maggioranza silenziosa. Proprio la sua centralità nel rappresentare il bersaglio di tanto livore e di conseguenza di tanto amore da parte dei suoi sostenitori, ha contribuito a farne uno dei premier più longevi della nostra storia repubblicana. 

Ma lo stesso discorso si può fare per Matteo Salvini che da due anni almeno viene preso di mira da una certa stampa quella si forse estremista e faziosa oltremodo. Ora i professionisti dell’odio, dopo la svolta “moderata” di Salvini, sembrano aver trovato proprio nella leader di Fratelli d Italia il nuovo bersaglio dopo il suo incredibile successo nei sondaggi. Sono mesi, infatti che sta tornando il refrain della Meloni estremista, razzista, novax e ovviamente fascista, se non come forse si potrebbe evincere dall'articolo di Domani, nazista.

E’ risaputo, certo, che il popolo italiano da sempre ha bisogno del conflitto interiore, della guerra fra guelfi e ghibellini, di quel perenne contrasto manicheo che provoca lacerazioni tra due fazioni contrapposte. Ed è anche il succo forse della politica vera fatta ancora di ideali e di passioni, e non certo di interessi e di convenienze. Questo da sempre è stato un limite, ma anche forse una risorsa di questa malata democrazia che governa da decenni il nostro paese.

Odio e amore come si dice sono due facce della stessa medaglia. Gli orientali dicono saggiamente che l’odio in fondo è una forma d’amore, non si odia mai chi ci è del tutto indifferente. Per questo l’antagonista dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza. Questa si che rappresenta la vera fine di un politico. Il politico, infatti, vive di emozioni di sensazioni e chiaramente di sentimenti, che per forza di cose devono essere anche viscerali e contrapposti.

E’ la leggenda dello yin e dello yang, secondo cui qualunque cosa ha un suo opposto, non assoluto, ma in termini comparativi. Ma il tutto deve essere mantenuto nei contorni della polemica verbale anche aspra e dura ma senza mai trascendere verso il pericoloso confine con l odio, perché quello bisogna lasciarlo a chi grazie ai Social ne ha fatto un proprio marchio di fabbrica ma che proprio per questo si scredita da sé e rimane nel suo cortile cibernetica. Chi invece non dovrebbe mai trascendere e chi occupa posizioni di rilievo sia nella politica, stessa che negli organi d'informazione. 

"Dispiace che 'Domani' definisca Giorgia Meloni 'estremista', provando a spingere fuori dell'arco democratico quella che è la sola opposizione parlamentare a un governo di unità nazionale. E' fuoco preventivo, ma grave e sbagliato". Ha giustamente detto una persona notoriamente equilibrata e moderata come Gianfranco Rotondi, presidente di "Verde è popolare" e vice presidente del gruppo di Fi alla Camera.

Già perché poi la Meloni al di là di quello che ciascuno può pensare su di lei e sul suo partito, rappresenta comunque l’unica opposizione ad una maggioranza variegata che senza il suo contributo potrebbe davvero ricordare esempi ancora oggi poco felici ed incoraggianti. Insomma più che estremista in questo momento piaccia o no la Meloni e il suo partito rappresentano proprio la migliore garanzia per la nostra democrazia, che comincia a sentire, forse eccessivamente, il peso dei suoi oltre 70 anni, che come una bella donna cerca di mascherare con trucco e ritocchi, ma senza veramente risolvere il suo forse atavico conflitto interiore.