Mentre il dibattito sull'origine della pandemia di COVID-19 prosegue da oltre tre anni, un nuovo rapporto dei servizi segreti tedeschi riaccende l'ipotesi del cosiddetto "lab leak", ovvero la fuga accidentale del virus da un laboratorio. Secondo quanto riportato da media tedeschi, il Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio di intelligence estero della Germania, avrebbe concluso che lo scoppio della pandemia nel 2020 potrebbe essere legato a pratiche di ricerca rischiose condotte presso l'Istituto di Virologia di Wuhan, nella città cinese considerata l'epicentro iniziale del contagio.  

Il rapporto del BND, sviluppato nell'ambito di un'indagine denominata in codice Saaremaa, si basa sull'analisi di documenti di pubblico dominio, inclusi studi e materiali provenienti dallo stesso istituto cinese. Secondo le fonti citate dai media tedeschi, i ricercatori di Wuhan avrebbero condotto esperimenti di guadagno di funzione (gain of function), una pratica controversa che prevede la modifica di virus esistenti per studiarne l'evoluzione, potenziandone caratteristiche come la trasmissibilità o la patogenicità.  

Questi esperimenti, sebbene utili per anticipare potenziali minacce pandemiche, sollevano da tempo preoccupazioni etiche e di biosicurezza. Il BND avrebbe identificato, nei documenti analizzati, prove di violazioni procedurali e carenze nei protocolli di sicurezza del laboratorio, fattori che avrebbero aumentato il rischio di incidenti.  

La Cina ha sempre respinto l'ipotesi di una fuga del virus dal laboratorio di Wuhan, definendola una "teoria del complotto" priva di basi scientifiche. Le autorità cinesi, sostenute da alcuni scienziati internazionali, hanno invece insistito sull'origine zoonotica del SARS-CoV-2, collegando il primo focolaio al mercato di Huanan, dove venivano venduti animali selvatici.  

Nel 2021, un'indagine dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva lasciato aperte entrambe le ipotesi, ma le pressioni politiche e le difficoltà di accesso ai dati avevano limitato le conclusioni.