«Se avessi seguito tutti i consigli del Pd forse mi avrebbero messo in cella d’isolamento». Così ha risposto l'ex sindaco Ignazio Marino all'inviato dell'Unità, Cristiano Bucchi, che gli ha chiesto se lui, nel PD, non avesse finito per isolarsi troppo.

In fin dei conti, questa è la frase che meglio rappresenta le aspettative che si erano create sulla presentazione dell'attesissimo libro di Ignazio Marino, Un marziano a Roma, edito da Feltrinelli e da lui stesso presentato in una conferenza stampa che si è tenuta presso la sede della stampa estera a Roma.  O perlomeno ciò che stampa e pubblico avevano pensato che sarebbe stata: una resa dei conti.

Ma alla fine, tra i partecipanti, il senso di delusione è quello prevalente. I più si aspettavano che il libro di Marino fosse l'occasione da lui tanto attesa per togliersi dalle scarpe più che qualche sassolino delle vere e proprie pietre, anzi dei macigni. E invece, niente di particolarmente eclatante è stato detto.

Come lo stesso Marino ha spiegato durante la presentazione, il libro «non è una resa dei conti. È un libro che ho iniziato a scrivere a metà mandato in cui spiegavo come mi ero concentrato inizialmente sul risanamento dei conti e nella seconda parte del mandato avremmo di nuovo investito. Purtroppo il governo Renzi, nel momento in cui avevo terminato l'opera di risanamento economico, ha ordinato ai consiglieri del Pd di dimettersi. Il capo del governo ha preferito riallacciare il rapporto con le lobby». Il libro vuole essere un'analisi di ciò che a Roma non funziona, per comprenderne il perché.

Non per questo, però, Marino si è risparmiato frecciate e accuse a chi, secondo lui, lo ha abbandonato, tradito e avversato. Quindi, non è che Marino non abbia detto nulla, semplicemente non ha detto nulla di particolarmente eclatante o nuovo rispetto a quanto già si conosceva.

Così ha accusato Renzi di non aver dato fondi alla  Capitale, quando Parigi e Londra ricevono annualmente finanziamenti, rispettivamente, per 1 e 2 miliardi di euro. E sempre su Renzi, ha ricordato che lui è stato accusato per non aver saputo spiegare qualche scontrino per poche centianaia di euro in 28 mesi di mandato, mentre Renzi,  da presidente della Provincia di Firenze, ha speso  centinaia di migliaia di euro in spese di rappresentanza su cui la magistratura contabile non ha dato l'impressione di voler prestare molto interesse.

Critiche ci sono state anche per altre figure di primo piano del PD... Orfini, Guerini, Zingaretti come anche verso noti imprenditori romani. Ma niente su cui Marino già non avesse espresso le sue critiche.

Ed è stato deludente anche il fatto che non abbia voluto dire nulla riguardo la decisione di candidarsi o meno a sindaco di Roma alle prossime amministrative. Inoltre, non ha detto nulla neppure sulla sua permanenza nel Partito Democratico, da cui si dovrebbe naturalmente dimettere, almeno secondo l'Unità: "dopo la valanga di insulti al segretario e al presidente sarebbe una conseguenza logica".