Sabato, papa Francesco ha incontrato nella Sala Nervi i Docenti e gli Studenti dell'Istituto San Carlo di Milano, una scuola paritaria cattolica le cui origini risalgono alla seconda metà dell'800 e tra i cui studenti vi sono stati Achille Ratti, che diverrà Papa Pio XI, e Ludovico Necchi, che fu tra coloro che contribuirono a fondare l'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nel discorso che il Papa ha rivolto ai presenti sono da riprendere alcuni passaggi certo di non poco rilievo, ma che poco ne hanno però avuto sui media.

Francesco si è richiamato a Dostoevskji per chiedersi il perché i bambini soffrono. Il perché Dio dovrebbe fare delle preferenze... domande che lo stesso pontefice ha definito senza risposta ma che faranno "crescere nel senso del mistero" chi se le pone.

Ma Francesco ha ricordato anche che dare una responsabilità a Dio per rispondere a queste domande finisce per essere una strada di comodo. Infatti, alla fine, sono gli uomini ad essere responsabili di ciò che accade nel mondo... «siamo noi con un sistema economico ingiusto a fare la differenza, a fare che i bambini siano affamati!»

«E perché ci sono tante guerre? Nello Yemen, pensiamo, o nella Siria, nell'Afghanistan, i Paesi di guerra… Perché? Se loro non avessero le armi, non farebbero la guerra. Ma perché fanno la guerra?

Perché noi, la ricca Europa, l'America, vendiamo le armi per ammazzare i bambini, per ammazzare la gente, siamo noi a fare le differenze! E questa cosa voi dovete dirla chiaramente, in faccia, senza paura.

Sulla coscienza di un popolo che fabbrica le armi e le vende c'è la morte di ogni bambino, di ogni persona, c'è la distruzione delle famiglie.»


Spesso la Chiesa, e a ragione, viene criticata perché ricorre al dire e non dire, per non scontentare nessuno. Questa volta non è così. E quando alcuni esponenti - che si definiscono cattolici - dei passati governi parleranno di accordi internazionali rispettati per avere venduto armi a Paesi in guerra, sappiano fin d'ora che il giudizio morale ed etico sul loro operato è inappellabile e non certo giustificabile.



Ma il Papa ieri ha parlato anche di "liquidità" come male odierno, che sta - in base alla scuola di Bauman, «nel non saper trovare la propria identità, confrontarsi con la propria storia, quella del proprio popolo... C'è gente che non sa quale sia la sua identità e vive delle mode. ... Noi non siamo funghi, nati soli, no: siamo gente nata in famiglia, in un popolo e tante volte questa cultura liquida ci fa dimenticare l'appartenenza a un popolo.

Una critica che io farei, come è pericoloso, è la mancanza di patriottismo… Patriottismo non è andare a cantare l'inno nazionale o fare un omaggio alla bandiera: il patriottismo è appartenenza a una terra, a una storia, a una cultura… e questa è l'identità. Identità significa appartenenza. Non si può avere identità senza appartenenza. Se io voglio sapere chi sono io, devo farmi la domanda: A chi appartengo.»

Una sponda al neofascismo da parte di Bergoglio? Tutt'altro.

«Attenti al cuore razzista. Tutti possiamo essere delinquenti... non avere paura dell'incontro con l'altro, della multietnicità, della multiculturalità. L'acqua distillata è la cosa più pura ma non si sente il sapore e non serve per dissetarsi.»

Pertanto, non bisogna avere paura dei migranti. E così Francesco ne spiega il perché.

«"Ma, Padre, i migranti…" – i migranti, siamo noi! Gesù è stato un migrante. Non avere paura dei migranti. "Ma sono delinquenti!" – anche noi, ne abbiamo tanti: la mafia non è stata inventata dai nigeriani; è un "valore" nazionale, eh? La mafia è nostra, made in Italia: è nostra. Tutti abbiamo la possibilità di essere delinquenti [e poi il Papa dice di non conoscere la politica italiana! ndr.].

I migranti sono coloro che ci portano ricchezze, sempre. Anche l'Europa è stata fatta da migranti! I migranti, i barbari, i celti, tutti questi che venivano dal Nord e hanno portato le culture, si è accresciuta così, con la contrapposizione delle culture.

Ma oggi, state attenti a questo: oggi c'è la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità.

"Ma Padre, noi dobbiamo accogliere tutti i migranti?" – il cuore aperto per accogliere, prima di tutto. Se io ho il cuore razzista, devo esaminare bene perché e convertirmi.

In secondo luogo, i migranti vanno integrati, perché prendano i nostri valori e noi conosciamo i loro. Ma per integrare, i governanti devono "fare dei calcoli" per capire la capacità che ha il Paese di integrare.

Tuttavia, accogliere significa diventare più ricchi. La ricchezza dei ponti, – richiamandosi al romanzo di Ivo Andrić – sono le ali degli angeli che collegano le montagne e i fiumi perché possiamo comunicare. Per questo il Papa esorta gli insegnanti a aiutare i giovani a crescere nella "cultura dell'incontro", a essere capaci di incontrare gente diversa, confrontandosi con le differenze.»


Ed è la cultura dell'indifferenza a generare gli integralismi. Una cultura definita «non creativa, che non ti lascia crescere», mentre «la cultura dev'essere sempre interessata nei valori, nelle storie degli altri. E questa cultura dell'indifferenza tende a spegnere la persona come un essere autonomo, pensante, per soggiogarlo e affogarlo.

E state attenti con questa cultura dell'indifferenza. E da qui derivano gli integralismi, i fondamentalismi e lo spirito settario. E questo più o meno dobbiamo pensare: una cultura aperta, che ci permetta di guardare lo straniero, il migrante, l'appartenente a un'altra cultura come un soggetto da ascoltare, considerato e apprezzato».


Secondo la logica che oggi va per la maggiore, papa Francesco, pronunciando queste parole, sarebbe da classificare come "comunista". Stesso attributo che i neofascisti che oggi governano il Paese attribuiscono al principale partito di opposizione, il Partito Democratico che, a suo dire, rappresenterebbe gli ideali della sinistra, ma che in base alle ultime esperienze di governo ha invece fatto l'esatto opposto di quanto indicato dal pontefice.

Le parole del Papa, pertanto, finiscono per essere una denuncia sia nei confronti del razzismo e della violenza dell'attuale classe politica che governa il Paese, sia nei confronti dell'ipocrisia e dell'ignavia di quella passata.

Per questo motivo, alle parole di Bergoglio non è stato dato il risalto che meritavano.