L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha portato la valutazione del rischio per la salute pubblica, in conseguenza dell'epidemia di ebola che ha colpito nuovamente (è la nona volta) la Repubblica Democratica del Congo, nell'area di Mbandaka a "molto alto". In precedenza era stato definito "alto".

Di conseguenza il rischio nella regione è stato elevato da "moderato" ad "alto", mentre il possibile rischio di una pandemia è ancora da considerarsi "basso".

A preoccupare l'OMS, oltre ai 44 casi sospetti, probabili o confermati, di ebola e le 23 persone tuttora decedute, è il caso confermato a Mbandaka, una città di circa 1 milione di abitanti collegata a Kinshasa dal fiume Congo.

Mbandaka, oltre ad essere un grande centro urbano, è situata al centro di importanti vie di comunicazione fluviali e stradali, sia nazionali che internazionali. Un fattore di rischio che potrebbe portare l'epidemia di ebola a sfuggire al controllo delle autorità sanitarie.

L'epidemia di Ebola in Africa occidentale, che dal 2014 al 2016 ha interessato Guinea, Sierra Leone e Liberia causò la morte di almeno 11.300 persone. Per questo, la possibilità che in Congo l'epidemia possa espandersi in un città densamente popolata è vista con enorme preoccupazione.

Un vaccino sperimentale, che ha ormai dimostrato la propria efficacia, viene somministrato agli operatori sanitari. Rimane però il problema che la sua efficacia sia garantita. Infatti, questo vaccino perché abbia effetto deve essere mantenuto costantemente ad una temperatura molto al di sotto dello zero.

Mentre in molti Paesi ciò non costituisce un problema, invece per alcune aree dell'Africa, umide, dove le temperature di giorno si aggirano in media intorno ai 30, e carenti di strutture che possano garantire la catena del freddo di cui ha bisogno, il vaccino potrebbe risultare inefficace.

Le organizzazioni umanitarie, nel frattempo, hanno iniviato centinaia dei propri operatori nelle zone sanitarie di Bikoro e Mbandaka, per aiutare a contenere l’epidemia anche con campagne d’informazione, mobilitazione sociale e coinvolgimento delle comunità, attraverso radio, istituzioni religiose, mercati, scuole e associazioni giovanili.

«È fondamentale che le comunità capiscano come proteggersi a casa e nei luoghi pubblici, soprattutto nelle strutture sanitarie e nelle scuole - ha dichiarato Gianfranco Rotigliano, Rappresentante dell’UNICEF nella Repubblica Democratica del Congo. - L’esperienza delle precedenti epidemie ha dimostrato che il coinvolgimento delle comunità nelle attività di prevenzione rappresenta la migliore opportunità per contenere questa malattia.»